Serve la Consip? La sua azione fino a oggi ha portato un reale beneficio all’economia pubblica? Ci ha fatto risparmiare? Sono le domande contenute nello studio di Renato Pugno, esperto di valutazione economica e finanziaria delle opere pubbliche. In generale, la risposta è no: ci ha fatto risparmiare meno di quanto avrebbe potuto; ha aumentato il suo potere d’acquisto senza abbassare i prezzi e, dulcis in fundo, ha pesantemente penalizzato le piccole e medie imprese.
Il primo capitolo dello studio riguarda l’entità della spesa presidiata da Consip, giunta a livelli molto elevati. Si è passati da una spesa trasferita nel 2009 di 11,09 miliardi di euro a 40,1 miliardi di euro nel 2015. La spesa pubblica trasferita è aumentata cioè, negli ultimi 6 anni, di 3,6 volte, cioè mediamente del 24% all’anno. Complessivamente nel suddetto periodo è stata trasferita a Consip una spesa pubblica di 210,3 miliardi di euro.
Il valore della spesa pubblica trasferita a Consip nel 2015 è arrivato ad essere molto rilevante e significativo: esso rappresenta circa il 2,4% del Pil e circa il 5% della spesa pubblica. Con questi numeri si comprende l’importanza di un’attenta verifica della capacità di Consip di far crescere il Pil e verificare se e perché non esistono alternative più efficienti ed efficaci.
Il valore creato da Consip negli ultimi sei anni è salito ma molto meno di quanto sono saliti i costi. Da quando esiste Consip c’è stata una riduzione dei prezzi dei beni e servizi ma comunque meno di quanto è cresciuta la spesa pubblica trasferita alla centrale. L’incidenza percentuale del valore creato con la riduzione dei soli prezzi di beni e servizi è andata negli ultimi sei anni progressivamente diminuendo, passando dal 16% del 2009 al solo 6,3% del 2015. In altre parole il valore creato da Consip, aumentando la spesa presidiata, è stato sempre meno. Cioè il valore creato da Consip appare sempre più scarsamente consistente rispetto al valore della spesa ad essa trasferita. Questo sulla base dei bilanci societari.
Andrebbero inoltre attentamente valutati gli effetti economici (sicuramente negativi) che l’introduzione di Consip ha comportato sul tessuto delle piccole e medie imprese che si sono viste escluse di fatto dalla possibilità di partecipare alle gare. I danni recati in questo settore sono stati rilevanti e di conseguenza rilevanti sono stati i danni per l’economia italiana che si basa principalmente su di esse. Anche questi numeri andrebbero messi in bilancio, a maggior ragione se si pensa di sostituirsi alle imprese con piani di sviluppo industriale nel settore energetico, nel rinnovo delle flotte autobus e delle apparecchiature sanitarie.
Per capire l’entità dei danni creati alle piccole e medie imprese e all’economia in generale, basta pensare alle offerte nettamente inferiori che le pmi possono proporre. Questo perché, pur avendo minori disponibilità finanziarie, sono molto più flessibili rispetto alle grandi imprese. La Consip nel 2015 è riuscita a ridurre i prezzi dei beni e servizi del 4,9%, sicuramente le pmi sono in grado di formulare offerte con prezzi dimezzati. In altre parole, non facendo partecipare alle gare le piccole e medie imprese viene a mancare la ragione per cui si è costituita Consip. Dopo aver esaminato due casi di distorsione economica come l’introduzione dei leds nel Comune di Brescia e di piazza Armerina (CT) lo studio si conclude evidenziando “la necessità di un adeguato approfondimento finalizzato a verificare quali sono le alternative da approfondire per migliorare l’efficienza e l’efficacia degli strumenti da porre in essere”.
La discussione sulla Consip si è concentrata solo sullo scandalo delle tangenti, della corruzione e del nepotismo. Non ci si è posto il problema se Consip abbia risposto o no allo scopo per cui è stata costituita e cioè centralizzare una parte importante della spesa pubblica per realizzare significative riduzioni sui prezzi dei beni e servizi acquistati dallo Stato. Per non parlare di chi e come controlla i risultati economici e i suoi effetti sul mercato.
L’esame del prof. Pugno si conclude con alcune proposte: valutare quali sono le esperienze estere in questo campo (non sembra esistere un marchingegno simile altrove); valutare l’alternativa di eliminare o riqualificare Consip, mantenendo criteri di centralizzazione della spesa; esaminare se ed in quale misura si possono risolvere i problemi utilizzando un “prezzario” così come avviene in altre pubbliche amministrazioni nazionali ed estere; diminuire l’entità dei lotti da mettere in gara al fine di consentire la partecipazione di piccole e medie imprese; introdurre meccanismi per assicurare gare il più possibili trasparenti ed efficaci.