Resti di bivacchi. Lattine di birra e bottiglie di vino. Stracci. Immondizia. Mattoni a terra e travi di soffitti crollati. Paesaggio rurale e monotono. Il verde dei frutteti si alterna al grigio dei campi appena seminati. Campagne tagliate dalla ferrovia e costeggiate dalla Statale 16. Le uniche linee che rompono la conformità sono quelle della discarica. In mezzo un dedalo di canali e un labirinto di viottoli sterrati che portano ad aziende agricole e a belle cascine ristrutturate. Ma anche a decine di casolari in rovina con i cartelli “vendesi” appesi chissà da quanto alle porte, e ad altri che sembrano appena stati bombardati. Siamo nelle strade basse di Boccaleone e Consandolo, tra Portomaggiore e Argenta, nel Ferrarese. Terra di agricoltori e gente perbene, ma talvolta utilizzata come rifugio da banditi di mezza tacca. Era questo il regno di Igor Vaclavic, alias Ezechiele Norbert Feher, prima che diventasse l’uomo più ricercato d’Italia per gli omicidi del barista Davide Fabbri a Budrio (Bologna) e della guardia venatoria Valerio Verri a Portomaggiore. La caccia all’uomo dei reparti speciali dei carabinieri contro questo serbo di 41 anni va avanti da quattro giorni. Finora senza successo. Gli investigatori sospettano che si nasconda nelle oasi di Marmorta e Campotto: 40 chilometri quadrati di acquitrini, fitta vegetazione e boscaglia. Fino a poco tempo fa invece Igor “il russo” viveva in uno dei tanti ruderi distanti centinaia di metri l’uno dall’altro in questo fazzoletto della Bassa. Visti dalla statale sembrano tanti punti rossi su un quadro verde. Appena ci si avvicina si trasformano nelle case degli spettri dei film dell’orrore.
“Il russo” li aveva scelti come propria tana. Si spostava di frequente da uno all’altro. Da qui partiva per mettere a segno i suoi colpi e terrorizzare i contadini che si spaccano la schiena nei campi. E qui tornava sempre. Gli agricoltori lo vedevano spesso. “L’ultima volta sarà stato un mese fa”, dice Michele che spegne il trattore e comincia a raccontare le scorribande di Igor Vaclavic. “Girava con una biciclettaccia, in testa aveva una bandana nera e indossava un pastrano verde militare. Qui tanti di noi hanno subito furti negli ultimi anni. Ma un mio vicino ricorda bene il volto di quello lì. Gli puntò un arco addosso, gli chiese quanti soldi avesse in tasca. ‘Cosa vuoi che abbia? Ho 50 euro, sto tornando dai campi’ ci disse il mio amico. E questo: ‘Va bene, va bene dammi tutto’ e poi portò via anche quello che aveva in casa”. Un’altra volta Igor si accontentò di molto meno. “Entrò in un casolare mentre marito e moglie stavano cenando”. Chiese cosa stessero mangiando. “Quelli risposero ‘del coniglio’. E li rubò la cena“, Michele ride a ripensarci ma diventa subito serio quando realizza che Igor è ancora fuggiasco. “Non siamo mica tanto tranquilli qua, siamo abituati ai furti. Ogni tanto sparisce qualche gallina e due mesi fa ho trovato nel mio frutteto una cassa di fucili rubati. Ma questo è un pazzo e queste zone le conosce molto bene”.
Il 12 dicembre 2010 i carabinieri lo trovano in un cascinale che si trova a 300 metri in linea d’aria all’ingresso dell’oasi dove sabato scorso è stato ucciso Valerio Verri e ferito gravemente il collega Marco Ravaglia. Su di lui pende un decreto di espulsione firmato dal questore di Rovigo che non verrà mai eseguito. Intanto il russo si è fatto due anni di carcere a Ferrara per una condanna arrivata nel 2007 dopo cinque rapine con arco e frecce. I giornali parlano del “ninja“. In una di queste si materializza davanti a un uomo che stava rincasando dal lavoro. Vestito di nero e armato di arco lo minaccia davanti agli occhi della moglie e della figlia. Bottino: un cellulare e pochi euro. Siamo sempre a Portomaggiore. Salto in avanti.
Nel 2011 – rivela La Nuova Ferrara – la Serbia spicca un mandato di cattura europeo per rapine e stupri, a nome di Norbert Feher, serbo, nato Subotica. Ma anche questo provvedimento cade nel vuoto per colpa di un intoppo burocratico. Uno dei tanti nella vita giudiziaria di Igor, che sempre lo stesso anno colleziona un’altra sentenza: cinque anni e 8 mesi di reclusione. Nel novembre 2015, grazie alla buona condotta e al comportamento da chierichetto tenuto in cella dove si avvicina alla religione, torna però libero. E anche questa volta scampa a un decreto di espulsione. Viene portato al Cie di Bari dove dovrebbe avvenire l’identificazione. Ma i paesi contattati non lo riconoscono come proprio cittadino. “Il russo” si dà di nuovo alla macchia e torna nel suo terreno di caccia preferito. Ma adesso non è più un lupo solitario. Insieme a Ivan Pajdek, slovacco di 52 anni, e a Patrick Ruszo, mette su una banda specializzata in rapine in villette isolate. Tre colpi in tutto nell’estate del 2015 in un crescendo di violenza. In uno di questi la gang massacra di botte Alessandro Colombani per portargli via 300 euro. Il 5 settembre invece ci scappa il morto. Pier Luigi Tartari, un pensionato di Aguscello, non sopravvive al pestaggio. I due compagni si prendono l’ergastolo. Lui, tra una foto su Facebook e l’altra, la scampa di nuovo, non ci sono prove che lo legano all’omicidio, così continua a vivere nei campi intorno a Portomaggiore e ad Argenta.
Una quindicina di chilometri più lontano, a Budrio, nel Bolognese, Igor si macchia del suo primo omicidio. È il primo aprile scorso e Davide Fabbri reagisce a un tentativo di rapina che gli costerà la vita. Oggi il suo bar ha riaperto e la moglie Maria Sirica si chiede perché Igor “era stato espulso dall’Italia e invece è ancora qua in giro. Dopo due omicidi si danno da fare, non so se sia giusto”. La grande caccia intanto continua. È concentrata proprio al di là della zona da sempre abitata dal “russo”, oltre il fiume Reno, tra Campotto e Marmorta, a cavallo tra le province di Ferrara e Bologna. Da un corso d’acqua un paio di giorni fa è stato rubato un barchino a un pescatore. Una buona traccia per tentare di arrivare alla cattura. “Lo cercano là – ragiona un abitante di Consandolo – speriamo lo trovino al più presto, perché se riuscirà a sfuggire tornerà sicuramente qua”. Nei suoi luoghi oscuri.