La barchetta era di un contadino e la sparizione è emersa durante il perlustramento in corso da parte delle squadre di carabinieri nei casolari della zona. Era utilizzata dal proprietario per piccoli spostamenti nel dedalo di canali e acquitrini dell’area non bonificata, dove è in corso da sabato sera la caccia all’uomo
“Interrompete il vostro lavoro e lasciate i campi e le vostre abitazioni”. È quanto si sono sentiti dire dalle forze dell’ordine gli agricoltori a lavoro nella zona chiamata ‘Piana cinque’, tra Lavezzola e Campotto, ovvero dove sono in corso le imponenti ricerche per trovare Igor Vaclavic, il killer di Budrio, sparito definitivamente dopo aver ucciso la guardia venatoria a Campomaggiore. Evacuazione vera e propria? No, falso allarme. Perché l’unica certezza in questa ormai disperata caccia all’uomo è che il latitante non si trova. Sparito, volatilizzato, forse protetto, in una zona di nebbia, corsi d’acqua, paludi e molti casolari, alcuni abitati altri abbandonati. In un quadro come quello appena descritto, ogni piccolo particolare diventa notizia importante. È il caso della piccola imbarcazione, poco più che una zattera, sparita da un paio di giorni nei luoghi in cui si concentrano le ricerche per il 41enne serbo, conosciuto anche Ezechiele Norbert Feher. La barchetta era di un contadino e la sparizione è emersa durante il perlustramento in corso da parte delle squadre di carabinieri nei casolari della zona. Era utilizzata dal proprietario per piccoli spostamenti nel dedalo di canali e acquitrini dell’area non bonificata, dove è in corso da sabato sera la caccia all’uomo. È solo un’ipotesi, ma non si può escludere che sia stata presa dal ricercato, che dopo essere riuscito ad appropriarsi della barchetta l’ha nascosta.
Ieri anche il terzo giorno di rastrellamento era finito senza risultati, tra falsi avvistamenti e qualche traccia promettente che però non ha portato all’obiettivo. Nonostante centinaia di uomini addestrati setaccino le paludi tra le province di Bologna e Ferrara, dove si pensa che il serbo, ricercato anche in patria, abbia la propria base. Chi indaga è convinto che l’uomo accusato di due morti a distanza di una settimana, il barista Davide Fabbri a Budrio e la guardia volontaria Valerio Verri sabato scorso a Portomaggiore, si trovi ancora lì, tra i canali di Marmorta e Campotto.
Per aiutare gli uomini delle forze speciali coordinati dai Carabinieri è arrivata anche la tecnologia dei droni, in grado di esplorare i punti più difficili da raggiungere e documentare con riprese dall’alto quello che l’occhio umano non vede. Per un paio di volte i cani molecolari, a cui erano stati fatti fiutare gli abiti lasciati sabato sera dall’omicida in un Fiorino rubato, sembravano aver trovato la pista giusta, ma si sono fermati in riva a corsi d’acqua, dove il loro olfatto nulla ha potuto. Si pensa che Igor usi i canali come sentieri.
L’attenzione è focalizzata su un’area di circa 40 chilometri quadrati, circondata da posti di blocco, individuata sulla base di quello che hanno raccontato agli inquirenti gli ex complici dell’indagato, alcuni di loro in carcere per altri delitti come l’omicidio del pensionato ferrarese Pier Luigi Tartari, a cui Igor, pur avendo condiviso alcune rapine con la banda di responsabili, non ha partecipato. L’anziano, dopo essere stato rapito a settembre 2015, fu ritrovato cadavere in un tugurio a Fondo Reno, nella pianura ferrarese. Ruderi simili a quello sono tra i luoghi più scandagliati. E la pista dei conoscenti continua ad essere calda: non è escluso che alcuni di loro vengano risentiti presto e nel pomeriggio una persona con cui Igor era in contatto è stata controllata a Lugo, nel Ravennate.
Intanto al Ris di Parma è stato fatto un accertamento tecnico urgente, disposto dal pm Marco Forte, sugli oggetti trovati nel furgoncino e su altro materiale repertato nel bar di Budrio. L’obiettivo sono le prove scientifiche per collegare l’uomo ai delitti. Mentre si attende, si susseguono i briefing investigativi nella caserma di Molinella e nel tardo pomeriggio una riunione è stata fatta con i sindaci del territorio, sulla gestione dell’emergenza. Chi si appella in qualche modo all’umanità di Igor è don Antonio Bentivoglio, cappellano del carcere di Ferrara, che lo battezzò: “Ti supplichiamo: costituisciti e reintegrati in una compagnia ecclesiale piena di accoglienza e di perdono”. Chi invece fornisce un personale ritratto del ricercato dai tanti nomi, è il suo ex compagno di cella: “Si allenava, guardava cartoni animati, andava in palestra e in chiesa, sempre in chiesa”.