In caso di aggressione americana, la Corea del Nord non resterà a guardare: risponderà con un attacco nucleare. E’ quanto ventilato dai media statali nordcoreani martedì, a pochi giorni dall’annuncio dell’invio di una flottiglia statunitense nel Pacifico occidentale, in prossimità della penisola coreana. “Il nostro potente esercito rivoluzionario sta osservando da vicino ogni movimento degli elementi nemici, mantenendo il nostro obiettivo nucleare focalizzato non solo sulle basi Usa in Corea del Sud e nel Pacifico, ma anche sulla terraferma”, ha scritto il quotidiano Rodong Sinmun. Secondo il ministero degli Esteri nordcoreano, il regime di Kim Jong-un si prepara ad adottare “le più dure controazioni contro i provocatori” in ottica difensiva.
Nel weekend, fonti Reuters avevano confermato la partenza da Singapore di un gruppo d’attacco a stelle e strisce, guidato dalla portaerei Carl Vinson e diretto alla volta della penisola coreana, anziché verso l’Australia, come precedentemente stabilito. Motivando il dispiegamento navale, il segretario alla Difesa statunitense Jim Mattis ha parlato di semplice “prudenza”, evitando di collegare la manovra a una minaccia precisa. Più loquace il presidente Donald Trump, che al Fox Business Network ha magnificato le doti della “Armada”, composta da “sottomarini molto potenti. Molto più potenti della portaerei”. Due cacciatorpedinieri e un incrociatore completano l’organico.
Appena poche settimane fa Pyongyang si è esibita nell’ennesimo test missilistico e ulteriori gesti provocatori – come un sesto test nucleare o il lancio di un missile balistico intercontinentale – potrebbero trovare spazio il 15 aprile in concomitanza del 105esimo anniversario dalla nascita del “presidente eterno” Kim Il-sung, nonno del leader Kim Jong-un. Un evento che – stando a recenti rilevamenti satellitari – verrà presumibilmente festeggiato con una maestosa parata militare presso il Mirim Airport di Pyongyang, in un meno provocatorio sfoggio di muscoli.
In passato analoghe festività sono state sfruttate come passerella per i gioielli bellici del regime di Kim, come gli zaini nucleari e nuovi modelli di missili, tra cui il KN-09, l’ICBM KN-08 e il KN-14. Mentre ulteriori ostentazioni autocelebrative potrebbero trovare un’adeguata collocazione il 25 aprile, giorno della fondazione dell’Esercito del popolo coreano. Per il momento il governo statunitense sminuisce i toni del Regno eremita. “Non penso che al momento vi siano prove che attestino la capacità della Corea del Nord (di colpire gli Usa)”, ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer, “minacciare di fare qualcosa che non si è in grado di compiere non può essere considerata veramente una minaccia”. Stando all’agenzia statale KCNA, nessun accenno al programma nucleare o alle intimidazioni americane ha trovato posto nel resoconto dell’Assemblea popolare suprema, la camera legislativa nordcoreana riunitasi martedì.
All’indomani dell’attacco americano alla base siriana di Al Shayrat – sferrato mentre il presidente cinese Xi Jinping era ospite di Trump a Mar-a-Lago – il regime del Nord aveva parlato di atto “imperdonabile”, definendo l’intervento statunitense un incentivo a rafforzare il proprio arsenale nucleare in ottica difensiva. Nello spiegare il tempismo della reazione americana contro Bashar al-Assad, lunedì il segretario di Stato Rex Tillerson ha accennato a un avvertimento indirizzato a tutti quei paesi che si ostinano a violare le “norme internazionali”, Corea del Nord compresa. Secondo Tillerson, l’iniziativa statunitense in Siria avrebbe incassato il placet di Xi in persona.
Proprio quest’oggi il fil rouge che lega l’escalation in Medio Oriente alla penisola nordcoreana è stato argomento di discussione tra Xi e The Donald. In una conversazione telefonica, il leader cinese ha auspicato una soluzione pacifica delle tensioni a nord del 38esimo parallelo e ha bollato come “inaccettabile” l’uso di armi chimiche in Siria, esortando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti a esprimersi con voce unica sull’argomento. Un appello che segue a stretto giro una nuova sfilza di tweet indirizzati dall’imprenditore al gigante asiatico, ritenuto troppo poco collaborativo. Facendo leva sulla possibilità di mercanteggiare con Pechino – mischiando questioni economiche e politiche – il nuovo inquilino della Casa Bianca ieri ha cinguettato di aver “spiegato al presidente cinese che un accordo commerciale con gli Stati Uniti sarà molto più favorevole se risolveranno il problema della Corea del Nord” Ribadendo, tuttavia, che “se la Cina decide di aiutare, sarebbe fantastico. In caso contrario, risolveremo il problema senza di loro!” Ogni opzione – compresa quella militare – rimane sul tavolo.
A inizio settimana, Pechino e Seul hanno ventilato nuove e più severe sanzioni nel caso in cui Pyongyang esegua ulteriori test atomici o missilistici, mentre ultimamente navi cariche di carbone nordcoreano sono state respinte dalle dogane cinesi, in una più stretta osservanza delle risoluzioni internazionali. Intanto, secondo Chosun.com, Pechino avrebbe parcheggiato 150mila soldati al confine sino-coreano per tamponare l’eventuale flusso di disertori e intervenire in caso di “situazioni imprevedibili”. Voci che, tuttavia, il ministero degli Esteri cinese si è affrettato a smentire.
di Alessandra Colarizi