I sostenitori del nuovo provvedimento sull’immigrazione, approvato definitivamente dalla Camera sulla bozza del decreto Minniti-Orlando, lo vedono come la risposta a “richieste vitali da parte delle realtà locali”, come dice a ilfattoquotidiano.it Matteo Biffoni, ex deputato Pd e oggi sindaco di Prato e presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci) della Toscana. Per l’avvocato Lorenzo Trucco, presidente dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), si tratta invece di un “provvedimento discriminatorio, un capitolo molto triste del nostro sistema di diritti”. Tra i punti più discussi c’è l’abolizione del ricorso in appello che “dovrebbe essere garantito – continua Trucco – quando si è in presenza di un procedimento camerale. Questo potrebbe far nascere problemi di illegittimità costituzionale”.
Via il ricorso in appello: “Necessario per accelerare le procedure”. “No, è una violazione dei diritti”
L’approvazione da parte del Parlamento dell’eliminazione del ricorso in appello per i richiedenti asilo è uno dei punti su cui favorevoli e contrari si stanno scontrando maggiormente. I primi, in nome della necessità di velocizzare i tempi di valutazione delle numerose domande, lo ritengono un provvedimento necessario. “È così in Germania, in Svezia e in altri Paesi – dice Biffoni – Con questo non voglio dire che i tempi costituzionali non debbano essere rispettati, tutt’altro, ma i 18 o, peggio, 24 mesi a cui siamo ormai abituati non sono sostenibili. Dobbiamo parlare di tempi intorno ai 60 giorni”. Giustificazioni che non convincono Trucco che in questo particolare punto legge una violazione dei diritti garantiti dalla Costituzione e dal sistema giudiziario italiano: “Se ricevo una multa per divieto di sosta – dice l’avvocato – ho la possibilità di fare ricorso due volte dopo la prima sentenza. Perché su una materia così importante non devo garantire questa possibilità? Stiamo parlando di diritti fondamentali dell’individuo. È un provvedimento fortemente discriminatorio e potrebbe presentare problemi di incostituzionalità”.
Sul procedimento di valutazione della richiesta di asilo, continua il Presidente dell’Asgi, ci sono anche altri aspetti che penalizzerebbero la posizione dell’immigrato, già a partire dal primo grado di giudizio: “Così come è stato approvato – continua – in primo grado è previsto un procedimento camerale in cui la presenza della parte in causa, in questo caso il richiedente asilo, è residuale e, quindi, non prevista a meno che il giudice non la ritenga essenziale. Quindi, la persona non viene sentita da chi deve giudicare. Sappiamo bene, però, che spesso i migranti non possono presentare documenti o prove fisiche della loro provenienza o del tragitto percorso. Quindi, non ascoltare i loro racconti equivale a ignorare la loro versione dei fatti”.
Anche il sistema con il quale si notifica il respingimento della richiesta d’asilo non convince Trucco: “La notifica – continua – dà circa 30 giorni di tempo per fare ricorso. Con questa nuova legge, questa diventa a carico dei gestori dei centri di accoglienza. Per come quest’ultimi sono strutturati, per la carenza di risorse e per la difficoltà, in alcuni casi, di rintracciare i diretti interessati, il rischio è che un richiedente asilo non riceva la comunicazione in tempo per poter fare ricorso”.
Rimpatri più veloci ed efficienti. “Vogliono esternalizzare il problema”
Uno degli obiettivi principali, da subito dichiarato dal Ministro dell’Interno, Marco Minniti, è quello di far ripartire in maniera più veloce ed efficiente la macchina delle espulsioni e dei rimpatri per tutti coloro a cui non viene accettata la richiesta di asilo politico. Un piano, quello del governo, portato avanti soprattutto attraverso la stipula di accordi e memorandum bilaterali con alcuni Paesi del Nord Africa e dell’Africa sub-sahariana. Accordi che, però, non hanno eliminato i dubbi relativi soprattutto alla salvaguardia dei diritti dei migranti e della loro sicurezza. “La politica è chiara – continua Trucco -: si vuole esternalizzare la questione dell’asilo. Si fanno accordi, o memorandum come vengono spesso chiamati, con Libia, Turchia, Niger e altri Paesi africani e mediorientali che ci permetteranno di espellere più facilmente i migranti, senza poter garantire loro la certezza di finire in centri di accoglienza che rispettino gli standard internazionali di sicurezza e rispetto dei diritti umani. Basta vedere in che condizioni sono costretti a vivere i migranti finiti nei campi di detenzione libici. Inoltre, questi memorandum non prevedono l’approvazione da parte del Parlamento e non vengono resi pubblici. Quindi è anche difficile sapere quanti siano e su quali termini vengono stipulati”. E proprio l’accordo con la Libia, Paese dal quale proviene l’82% degli immigrati in Italia attraverso il Mediterraneo e che, quindi, dovrebbe accogliere un gran numero di espulsi, non convince il Presidente di Asgi: “Quello con la Libia è un non-accordo – dice – Abbiamo un’intesa con un governo instabile, che occupa un’area geograficamente molto ridotta e che, quindi, non può garantire il rispetto di un vero accordo sui rimpatri”.
Più ottimista, invece, il Presidente dell’Anci Toscana che vede nella velocizzazione e nell’applicazione delle procedure di rimpatrio l’unica soluzione per rispondere alle esigenze “vitali” delle realtà locali. “Abbiamo già accordi con il Marocco, la Nigeria e altri Paesi – dice – Altri verranno stipulati in futuro, quindi il governo sta già allargando l’area d’influenza. L’accordo con la Libia è problematico, inutile negarlo, ma da qualcosa dobbiamo pur partire. Dobbiamo garantire il rispetto dei diritti umani, ma non possiamo fermare l’intera macchina”.
Cpr. “Sono necessari”. “No, sono i vecchi Cie con un altro nome”
Altra novità oggetto di discussione è l’apertura di almeno un Centro di Permanenza e Rimpatrio (Cpr) per Regione, per un totale di 1600 posti a livello nazionale. Questi sono i centri in cui chi si è visto rifiutare la richiesta d’asilo dovrebbe rimanere per pochi giorni in attesa dell’espulsione. Un progetto che è ancora “in fase di studio”, come specifica Biffoni, e che partirà solo dopo l’individuazione, l’allestimento o la costruzione dei vari centri. “Da Sindaco – spiega il Presidente dell’Anci Toscana – posso dire che siamo ancora in una fase di discussione. Sono previsti circa cento posti per Regione e mi auguro che all’interno di questi centri vengano messi solo coloro che rappresentano una minaccia per la società. Non si possono mischiare delinquenti e cittadini comuni, altrimenti si alimenta l’equazione dannosa che vede accomunare l’immigrato al malvivente. Pochi posti a disposizione? Se le procedure verranno snellite, saranno sufficienti”. Totalmente contrario, invece, il Presidente dell’Asgi: “Questi – dice – sono i Cie presentati con un nome diverso. Non se ne conosce lo status giuridico, si sa solo che se ne auspica una proliferazione”. E sui numeri chiude: “Si grida all’emergenza e poi si fa un piano per 1600 posti a livello nazionale”.
Twitter: @GianniRosini