Ci sono Calderoli e Giovanardi e nessuno si stupisce. Ma "Ho molti amici gay", l'ultimo libro di Filippo Maria Battaglia, racconta come il vocabolario discriminatorio attraversi i decenni e gli schieramenti: capi di Stato, ministri, parlamentari, leader di partito. Come quella volta di Togliatti e Berlinguer
Ci sono i leghisti e figurarsi se qualcuno si stupisce. C’è Giovanardi e ce lo si poteva aspettare. C’è pure il celebre motto mussoliniano (nel senso di Alessandra): “Meglio fascista che frocio” in diretta Rai. Ma ci sono anche gli insospettabili, i padri della Patria, i dirigenti politici che hanno fatto un buon pezzo della Storia d’Italia. Come Palmiro Togliatti, il Migliore, il capo del Partito Comunista Italiano fino al 1964. Fino a quello che nessuno si potrebbe aspettare: Enrico Berlinguer. “Da sempre la politica italiana dice di non avere ‘nulla contro gli omosessuali’ eppure da sempre li discrimina. C’è chi invoca ‘sobrietà’, chi chiede ‘discrezione’, chi scomoda la Bibbia, chi ricorre a citazioni d’autore. Passano gli anni, cambiano toni e interlocutori ma il risultato –
Qualche esempio? Si può partire da quelli più prevedibili, come gli esponenti della Lega Nord: “I romani hanno perso l’impero per questa storia qua: coi culattoni e il benessere, l’impero si è distrutto!” disse Santino Bozza, ex consigliere regionale del Carroccio che nell’occasione si trasformò anche in ricercatore storico. Alla fine Bozza fu espulso dal partito e, uscito dalla porta, rientrò dalla finestra in una lista che sosteneva la candidata presidente alla Regione Veneto per il Pd Alessandra Moretti. Dalla Lega Bozza fu espulso ma finché è rimasto avrà trovato un clima confortevole: “Essere culattoni è un peccato capitale: chi riconosce per legge le unioni è destinato alle fiamme dell’inferno” spiegò il
Più Battaglia procede a ritroso, nel passato, più i nomi si fanno grandi, fino ai giganti della storia. Il ministro Carlo Donat Cattin, uno dei capi della sinistra Dc, nel 1987 intervenne così sulla prevenzione dell’Hiv: “Non posso certo fare la réclame del coito anale né dei preservativi, che non sono sicuri contro l’Aids perché sbordano e si rompono”. Anche perché, aggiunse, “questi, oltre che omosessuali, sono anche maniaci. I miei funzionari li ascoltano, io ho altro da fare”. Una quarantina d’anni prima Togliatti non risparmiò André Gide, premio Nobel per la Letteratura del 1947 che – dopo un suo viaggio nella Russia stalinista – aveva scritto un libro sulla esperienza, naturalmente carica di delusione. Il Migliore reagì con misura: “Se quando ha visitato la Russia nel 1936 gli avessero messo accanto un energico e poco schizzinoso bestione che gli avesse dato le metafisiche soddisfazioni ch’egli cerca, quanto bene avrebbe detto, al ritorno, di quel Paese!”. Infine la ferrea morale che diventava moralismo nel Pci portò Enrico Berlinguer a pubblicare su Gioventù Nuova una condanna di Jean-Paul Sartre, “un degenerato lacchè dell’imperialismo, che si compiace della pederastia e dell’onanismo”.
Scrive Battaglia: “Si chiama tolleranza repressiva e si può sintetizzare così: non è vero che tutto ciò che non è reato è permesso. Al contrario, l’assenza di una norma, a volte, non significa libertà ma solo repressione. Lo sanno bene i parlamentari nostrani che, a differenza di quanto accaduto in Francia, Germania, Gran Bretagna, non hanno mai approvato una legislazione punitiva contro gli omossessuali. Ma attenzione: non sanzionare non vuol dire consentire”. La legge sull’omofobia è ferma al Senato – mai discussa – da tre anni e mezzo, cioè da quando la Camera dette il primo via libera.