Trenta mesi, tanto ha impiegato Fininvest a vendere il Milan. È dovuta passare attraverso due trattative, un misterioso broker thailandese e un altrettanto sconosciuto uomo d’affari cinese per cedere il club rossonero dopo 31 anni di investimenti ripagati, almeno fino a qualche stagione fa, da successi e coppe. Poi il mondo del calcio è cambiato e anche Silvio Berlusconi ha dovuto piegarsi: impossibile proseguire ad alti livelli. Troppi debiti e spese, troppi rossi nei conti per continuare a lottare con le big europee. Allora addio, ma ben remunerato: Fininvest ha incassato 520 milioni di euro e ha ‘trasferito’ alla Rossoneri Lux altri 220 milioni di debiti. Un affare, per diversi motivi. Secondo gli addetti ai lavori, la valutazione è disallineata rispetto all’attuale valore del club. E poi in questo momento, per la holding della famiglia Berlusconi, era strategico togliersi di dosso un asset che continuava a bruciare milioni su milioni (80 solo da agosto ad oggi), anche tenuto conto della vicenda Premium, con la pay-tv ancora in mano a Fininvest che pensava di esserne ormai liberata vendendola a Vivendi. In questo quadro, è spuntato – provvidenziale – Yonghong Li, classe ’69, sostenuto dal fondo speculativo Elliott e dalla società londinese di brokeraggio Blue Sky.

Il nuovo proprietario del Milan ha impiegato 8 mesi per trovare i soldi necessari a comprare il Milan tramite una società lussemburghese creata appositamente, la Rossoneri Lux. Gli ultimi 290 sono arrivati sui conti di Fininvest alle 14 di giovedì 13 aprile. Poco prima, negli studi legali del gruppo Gianni, Origoni and partners in piazza Belgioioso a Milano, l’ad di Fininvest Danilo Pellegrino e il braccio destro di Yonghong Li, David Han, avevano firmato tutte le carte necessarie davanti al notaio Ridella. Sotto il palazzo, tutti i media italiani pronti a dare l’annuncio ufficiale. Un closing che ha interessato solo la stampa di casa nostra, visto che solo un giornalista cinese ha seguito l’inizio della nuova era del Milan, di cui faranno parte con un ruolo nel consiglio di amministrazione anche l’ex numero uno di Telecom Marco Patuano e l’ex manager di Eni ed Enel Paolo Scaroni, berlusconiano di ferro.

Un travaglio lungo otto mesi, iniziato nell’agosto scorso, con la firma del preliminare di vendita tra Fininvest e Sino Europe Sports, il fondo con il quale Li avrebbe dovuto raccogliere i soldi necessari per completare l’acquisto. Il passaggio di consegne ufficiale era previsto inizialmente entro dicembre. Il posticipo era stato chiesto dai cinesi e ottenuto grazie al versamento di una caparra di 100 milioni. Poco prima di Natale, la sorpresa: Yonghong Li chiede altri tre mesi di tempo, complice la stretta di Pechino all’esportazione di capitali all’estero. La holding di Berlusconi dà l’ok, ma chiede garanzie per rinviare tutto al 3 marzo. Arrivano quindi altri 100 milioni di caparra. Nei primi giorni di gennaio, Calcio&Finanza ne documenta la provenienza: Isole Vergini Britanniche.

Ma quando la nuova scadenza si avvicina, Yonghong Li rimanda ancora la definizione della vendita. Il 28 febbraio chiede un altro mese di pazienza e promette in cambio un’altra caparra da 100 milioni. Il pagamento parte da un’altra società ad hoc, la Rossoneri Advanced Company Limited. Sede? Ancora una volta le Isole Vergini Britanniche. Dalla Cina, sostiene Li, è impossibile far uscire i soldi e alcuni investitori si sono sfilati. Ma decide di proseguire. Qui entra in gioco il fondo Elliott, con il quale il misterioso uomo d’affari viene messo in contatto dalla società Blue Sky. Da lì arriva un prestito di circa 300 milioni a un tasso medio attorno all’11% che i nuovi proprietari dovranno restituire in un’unica tranche entro la fine del 2018. Un impegno importante, soprattutto tenuto conto dei trascorsi dell’hedge fund, fondato da Paul Singer negli anni Settanta e protagonista dell’acquisto a prezzi bassi – tramite la succursale Nml – dei titoli di stato argentini durante la crisi economica. Elliott non volle aderire alla ristrutturazione del debito e chiese il rimborso dei bond, ottenuto al termine di una lunga battaglia legale e tra le cause del secondo default del paese sudamericano.

Yonghong Li ha quindi una sfida importante davanti: mantenere l’impegno con Elliott e allo stesso tempo, come ha dichiarato subito dopo il closing il suo braccio destro David Han, “tornare i numeri uno al mondo”. Il Milan è atteso da un due anni particolari, tra investimenti per rinforzare la squadra e il tentativo di riuscire a sbloccare quei soldi che – sostiene la nuova proprietà – sono già stati raccolti e sarebbero utili per ripagare il fondo americano. La seconda strada, più tortuosa, è rimettere i conti in ordine per quotarla in borsa ed evitare che Elliott bussi alla porta per ‘prendersi’ il Milan.

Un obiettivo, quello del mercato, che era stato annunciato dal primo interlocutore di Mediaset, il thailandese Bee Taechaubol, il primo a farsi avanti dopo l’annuncio della banca Lazard circa la possibile cessione del club nell’ottobre 2014. Due mesi dopo, Mr Bee andò ad Arcore da Berlusconi. Disse di puntare al 100% delle azioni, poi virò verso una quota di minoranza, alla fine scomparve. Non prima che si fosse saputo che il numero uno della Tax and Finance di Lugano – sua consulente nell’acquisto e fondata da persone che lavoravano nelle società coinvolte nella gestione dei fondi neri di Fininvest – era sotto indagine a Milano. Da quel momento, tra “dame cinesi” apparse a in città e l’interessamento mai concretizzatosi di un fondo americano, si è fatto strada Yonghong Li. È atterrato mercoledì in città per concludere l’affare. Si racconta che abbia volato classe economy. Trentuno anni fa, Berlusconi atterrò all’Arena civica in elicottero per inaugurare la sua presidenza.

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