Si è conclusa la Design Week e, in fondo, mi dispiace un po’. La sensazione è quella della festa appena finita, quando gli amici se ne vanno. Gli addetti ai lavori gridano al miracolo per le presenze e il fatturato in crescita verticale. Vedere gli imballaggi di Louis Vuitton con dentro la casa trasportabile e futurista (che in realtà fu costruita negli anni ’60) smontata e impacchetta fa venire un po’ il magone. È stato tra gli eventi più gettonati, almeno a giudicare dalla fila chilometrica. Il tema del nomadismo è stato esplorato da Louis Vuitton in tutte le sue sfumature con una serie di “oggetti nomadi” che vanno dalla tavola-talismano pieghevole in pelle color lavanda e intarsiata in modo da ricordare il marmo, alla “Swing Chair” del ginevrino Atelier Oï, che somiglia a una barchetta a remi tagliata a metà.
E poi 20 minuti di fila sulla scalinata di uno storico palazzo di Corso Venezia per poter ammirare una vasca da bagno infiocchettata come se fosse un trono. All’ingresso mi danno un dispositivo dotato di microchip che funziona come un carrello della spesa: basta sfiorare l’oggetto del desiderio e via mail ricevo tutte le informazioni in merito, come colori disponibili, prezzo, materiale… La rivoluzione digitale semplifica la vita della casalinga che, quando va al supermercato, tramite applicazione su iPhone riesce a vedere cosa manca dentro il frigorifero Samsung . E se per caso ha sbadatamente dimenticato di far partire la lavastoviglie, nessun problema: la può avviare tramite un’app super “smart”. Tutto è mobile, anche i piatti di Hermès che galleggiano su una piscina d’acqua dalle striature bluastre che fa molto zen ed è montata al centro della Pelota.
Si torna a casa con la voglia di buttare tutto: vecchia cucina, lavastoviglie calcarizzata, mobili “sfiniti” dall’uso. O magari prendo suggerimenti e mi ispiro ad Antonio Marras, che ha scritto in faccia il suo talento di creatività e ha ricevuto una laurea ad honorem all’Accademia di Brera. È riuscito a creare una scultura con una stremata poltrona di pelle capitonné con molle fuoriuscenti. Del suo allestimento ho sentito dire che “sembra d’entrare nel giardino dell’Eden”. Per i miei cocci rotti, piatti e tazze, potrei invece fare come la collezione “Hybrid” di Seletti ( allo Spazio Rossana Orlandi) che “incolla” le metà dell’uno con quelle dell’altra. Mentre gli scopettini del gabinetto li coloro con tinte sgargianti e li appendo a grappolo sulla facciata di un cortile di Brera.
Ecco a voi un bollettino di quello che mi ha lasciato un imprimatur. Comincerei dall’Anti-Salone di Ventura Centrale, gli ex magazzini sotto la stazione Centrale, riaperti dopo 15 anni. Le volte scrostate e buie sono state illuminate da visioni di luce, e la sinergia tra Salviati (vetro di Murano) e lo studio di progettazione Pyrae di Luca Nichetto e Ben Gorham ha prodotto un’installazione da urlo, fatta di 6072 sfoglie di vetro soffiato montate su base roteante. Nel segno dell’eco-sostenibilià Jan Puylaert, americano naturalizzato italiano, aggiunge l’ingrediente dell’originalità al riciclaggio della plastica: sgabelloni, sedie, tavoli e oggetti di uso comune in ecopixel, materiale inconfondibile che ricorda il puntinismo dell’impressionista Georges Seurat. E per la chaise longue che ha la forma di un aereoplano, di quelli che i bambini fanno di carta, si è avvalso della benedizione, sotto forma di collaborazione, di Alessandro Mendini, 87 anni, a tutti gli effetti un guru del design.
E poi c’è la sterminata offerta di materiali “crossover”, cioè prestati ad altro uso. Cristalli di vetro di Murano con cui lo stilista Romeo Gigli addobba la sua gonna pareo (una meraviglia) nella sala degli specchi di Palazzo Litta che fa da scenografia. Poco più in là una struttura metallica, geometrica, dal profilo minimo per le grandi clessidre spargiprofumo della maison Diptyque reinterpretate dall’artista multidisciplinare Felice Limosani. Sembrano candele con colata di cera, invece sono sculture in bronzo griffate Osanna Visconti di Modrone. E dai lobi delle “chicchettose” signore spiccano il volo sfaccettate ali di farfalla di metalli forgiati (preziosi e non). Diventa una scultura anche il sapone di Aleppo dei leggendari maestri saponai della Siria, per ricordarci che la Siria non è solo teatro di guerra. Corpi celesti fluttuano su sfondi d’oro e d’argento come nelle tavole del Rinascimento: sono i sottopiatti e le giare in ceramica di Coralla Maiuri. Una passione, la sua, che adesso trasferisce anche su tessuti d’arredi e camicie d’autore. Intanto prende tradizionali sedie di legno rurali: cromatura in rame, la seduta è impagliata con pellicola trasparente intrecciata a ricordare fili di paglia. Costano dai 3.500 euro in su gli occhiali da sole fatti di marmo di Carrara (ma sono leggerissimi da indossare) griffati Busoli Eyewear. Pietra lavica (del Vesuvio) elaborata con fili d’oro zecchino per il vestito “alchemico” dell’artista Lia Bosch. È la giovinezza della creatività. Arrivano prima gli oggetti. Dopo, semmai, la celebrità.