Diritti

Suicidio assistito: storia di Davide, che ha scelto di morire in Svizzera. “Ho invidiato dj Fabo, almeno lui era libero”

"C’è voluto tanto tempo per decidermi, ma ormai sono sicuro". 53 anni, faceva il barista. Poi è arrivata "la stronza" (cioè la sclerosi multipla). "Le ho provate tutte". Fino chiedere di essere accompagnato in Svizzera da Mina Welby: "L'ultimo viaggio io lo chiamo la vacanza". Si augura un'Italia più civile, con una legge sul fine vita e la marijuana terapeutica

“Lasciatemi andare subito”. Davide ce l’aveva quasi fatta. Aveva convinto i medici svizzeri ad avviare il suicidio assistito: “Non ne posso più di questo dolore, non mi abbandona mai, potrebbero spegnermi una sigaretta sulle gambe che non me ne accorgerei… Basta! Quando ho visto che dj Fabo ce l’aveva fatta l’ho invidiato. Almeno lui era libero”, ha detto all’uomo con il camice bianco che lo ascoltava. Gli sorrideva. Gli ha passato una mano sulla spalla in una specie di carezza. Ma alla fine Davide ha dovuto aspettare ancora una notte: “Non possiamo farlo di sera, perché poi dobbiamo chiamare la polizia… e gli agenti ci chiedono di non chiamarli anche di notte”.

Sarà oggi, giovedì, quindi, a meno che Davide non cambi idea all’ultimo minuto: si preparerà nella sua stanza, il medico gli sistemerà la cannula, poi Davide succhierà il Pentobarbital. Dopo poche decine di secondi scivolerà nel sonno che in una decina di minuti lo porterà alla morte (questo articolo è stato scritto nella notte tra il 13 e il 14 aprile. Poi, nella mattinata, la conferma della morte di Davide, leggi qui).

Lui non la chiama così, dice “vacanza”. “Ci ho messo tanto per decidermi”, ha raccontato Davide che fino al 1993 faceva il barista vicino a Massa. La sua storia l’ha lasciata scritta in un’ultima lettera: “Mi chiamo Davide T., ho 53 anni, sono malato di sclerosi multipla. Per i primi anni in forma più tollerabile, poi, la “stronza” si è trasformata nella forma “più stronza”: la secondaria progressiva. Negli anni, le ho provate veramente tutte, dall’interferone, prima quello settimanale, poi quello che mi autoiniettavo (allora le mani funzionavano!) ogni due giorni, poi è cominciato l’orribile periodo della chemio! Le ho provate proprio tutte. Ero alto un metro e novantadue e adesso sono diventato uno sgorbio con le gambe lunghe, gobbo fino quasi in terra, ma soprattutto dolori lancinanti e veramente insopportabili h24. Ormai passo tutti i giorni, ma proprio tutti, o in bagno sul water, o sul letto in qualche maniera, con la pasticca a base di oppio per cercare di calmare i dolori”.


Sembra il messaggio senza speranza di un uomo che non riesce quasi più a muoversi, che deve faticare per pronunciare ogni parola. Ma non è così. Davide ha continuato a scherzare fino a stamattina. Come quando ieri sera ha chiesto la sua ultima cena: “Non vorrete mica farmi morire di fame”. Oppure quando è sceso dall’auto e si è accorto che aveva forato la gomma della sua sedia a rotelle: “Accidenti, ho dimenticato la pompetta a casa!”. E Mina Welby: “Se vuoi tornare a prenderla, ti portiamo di nuovo a casa”. Davide non ha avuto dubbi: “No, no, no”. Già, ormai ha deciso. È come se fosse già partito. “C’è voluto tanto tempo, ma ormai sono sicuro”, il dolore fisico alla fine è stato più forte della paura della morte. E del pensiero di lasciare sola la madre Anna che lo ha assistito in questi anni: “So che adesso è dura – ha detto ieri sera – ma se mi volete bene davvero, sperate anche voi che io smetta di soffrire così”.

Non sono rimasti in tanti con Davide, te lo dice senza rancore. Non c’è più la fidanzata che lo aveva seguito per i primi anni, molti degli amici si sono allontanati. È difficile convivere troppo tempo con la sofferenza. Davide ci ha pensato a lungo nell’appartamento di Massa, con la finestra affacciata su altri palazzi. Poi qualche mese fa ha chiesto a sua madre di contattare la clinica svizzera della Dignitas. Aspettava da dicembre. Ha seguito le ultime ore del dj Fabo sapendo che presto sarebbe toccato anche a lui.

“Non ce la faccio proprio più, senza nessuna prospettiva, ogni giorno sto sicuramente peggio del giorno prima, e dopo una lunghissima riflessione ho deciso di andare in Svizzera per il suicidio assistito. Devo ringraziare enormemente l’Associazione Luca Coscioni, che ha fatto una raccolta fondi per aiutarmi nella spesa, e soprattutto Marco Cappato, sempre pronto ad aiutarmi anche dal punto di vista umano”.

Ma ad accompagnarlo ci sarà Mina Welby, la moglie di Giorgio. Ha ottant’anni, è stanca, però ha deciso di venire: “Se parte Marco Cappato lo fermano al confine, perché è una persona conosciuta e capiscono cosa va a fare in Svizzera”, ha detto.

Davide voleva arrivare a destinazione e non tornare più indietro: “Spero tanto che l’Italia diventi un paese più civile, facendo finalmente una legge che permetta di porre fine a sofferenze enormi, senza fine, senza rimedio, a casa propria, vicino ai propri cari, senza dover andare all’estero, senza spese eccessive. Spero anche che in Italia si arrivi presto alla legalizzazione, o almeno all’uso terapeutico della marijuana. Io sono, abitando in Toscana, tra i pochi in Italia a ricevere puntualmente le mie cartine di marijuana tramite l’Asl, con ricetta del medico, e conosco molto bene i suoi benefici, per fortuna sono quasi 20 anni che conosco molto bene le grandi “doti” della Maria. Tra poco partirò per la mia tanto sognata “vacanza”! Evviva. Salute per tutti e soprattutto tanta ma tanta serenità per tutti”. Chissà che cosa sarà la vacanza di Davide. Lui non vede nulla: “Perché non credo in Dio, sono ateo. Ma sarà comunque una liberazione”.