Tre ragazzi e tre ragazze, tutti giovani e piacenti, dai 29 ai 39 anni, hanno affidato il loro destino sentimentale alla scienza, sconvolgendo amici e parenti e convolando a giuste (?) nozze a scatola chiusa. Molti spettatori, inguaribili romantici, non riescono a farsi una ragione di quello che vedono nel programma. Ma televisivamente il racconto è efficace, perché inedito, scavezzacollo, totalmente privo di un senso logico
Ci vuole tanto coraggio e una dose massiccia di incoscienza per partecipare a “Matrimonio a prima vista” (la cui seconda stagione è partita giovedì sera su SkyUno). Senza questi requisiti fondamentali, nessuno potrebbe mai accettare di sposare un perfetto sconosciuto, fidandosi completamente delle scelte del team di esperti (uno psicoterapeuta, un sociologo e una sessuologa) che, basandosi su test attitudinali e psicologici, hanno formato a tavolino tre coppie potenzialmente compatibili. Tre ragazzi e tre ragazze, tutti giovani e piacenti, dai 29 ai 39 anni, hanno affidato il loro destino sentimentale alla scienza, sconvolgendo amici e parenti e convolando a giuste (?) nozze a scatola chiusa.
Guardando il programma, si viene travolti da un senso di sbigottimento straniante, ci si chiede se, al posto dei sei “eroi” avremmo fatto la stessa cosa, se ci saremmo affidati a scelte altrui per scegliere il potenziale compagno di una vita. E il racconto televisivo di questo esperimento scientifico è avvincente, assai emozionale, con le reazioni incredule e preoccupate di amici e parenti a fare da contraltare all’entusiasmo incosciente dei protagonisti.
“Matrimonio a prima vista” non è solo un format coraggioso e discusso, ma forse rappresenta anche la sintesi perfetta delle difficoltà relazionali dei giorni nostri. Non si spiegherebbe altrimenti la scelta di sei ragazzi che non hanno nulla da invidiare a tutti gli altri loro coetanei e che forse non avrebbero bisogno di far scegliere ad altri la persona da sposare. Viviamo tempi difficili anche sul fronte delle relazioni umane, e “Matrimonio a prima vista” riesce a rendere una rappresentazione plastica (e un po’ preoccupante) di un’epoca in cui trovare l’amore è più difficile che fare sei al SuperEnalotto.
Molti spettatori, inguaribili romantici, non riescono a farsi una ragione di quello che vedono nel programma. Ma televisivamente il racconto è efficace, perché inedito, scavezzacollo, totalmente privo di un senso logico. E il contrasto netto tra le reazioni di alcuni genitori dei novelli sposi e la fiducia nella “scienza” e nel caso di quest’ultimi è anche il contrasto generazionale dei giorni nostri. Non c’è più tempo per lunghi fidanzamenti, per corteggiamenti che tolgono tempo al resto del frenetico vivere quotidiano. Ci si avvicina al matrimonio con una superficialità che a prima vista può sembrare priva di contenuti e che invece, a voler essere realisti, è figlia dei tempi e non è giusta o sbagliata, è solo un dato di fatto.
“Matrimonio a prima vista” è presentato come l’esperimento televisivo più discusso d’Italia (forse sopravvalutando la portata del bacino raggiunto da SkyUno), ma di sicuro è il più discutibile. Avvicinandosi al fenomeno senza pregiudizi e pienamente consapevoli dello spirito del tempo in cui viviamo, il programma diventa piacevole e alla fine, ammettiamolo, la domanda che ci si pone è uguale per tutti: “Faremmo la stessa cosa? Avremmo il coraggio di sposare uno sconosciuto?”. Chiedetevelo in tutta onestà e vedrete che la risposta potrebbe sorprendervi.