Nel memorandum d’intesa firmato dal premier Gentiloni con l’Alleanza contro la povertà i primi paletti per i decreti attuativi del ddl delega: ci saranno meccanismi per evitare che i beneficiari siano disincentivati a cercare lavoro e saranno garantiti finanziamenti ai servizi di inclusione sociale che devono andare di pari passo con l'aiuto economico
Dal nuovo Reddito di inclusione previsto dal disegno di legge delega contro la povertà approvato in marzo non saranno esclusi gli italiani proprietari di casa, se indigenti. Nei decreti attuativi del ddl, che secondo il premier Paolo Gentiloni “saranno approvati entro fine mese”, sarà dunque previsto che per individuare gli aventi diritto al sostegno si consideri non solo l’Isee complessivo del nucleo famigliare ma anche l’indicatore della situazione reddituale (Isr): non dovrà superare i 3.000 euro al netto dell’eventuale affitto pagato. Andranno poi individuati meccanismi “per evitare che si crei un disincentivo economico alla ricerca di occupazione”: i beneficiari dunque continueranno a ricevere la card per alcuni mesi anche se trovano un lavoro che li porta oltre la soglia massima di reddito prevista per ottenerla. Sono i punti principali del memorandum d’intesa sul reddito di inclusione firmato da Gentiloni e dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti con l’Alleanza contro la povertà, che raccoglie realtà come Caritas, sindacati, Acli, Save the children e Banco alimentare.
L’assegno potrà arrivare fino a 485 euro al mese. Sarà condizionato all’adesione a un progetto personalizzato che prevede attivazione e inclusione sociale e lavorativa, finalizzato all’affrancamento dalla condizione di povertà. Ogni famiglia riceverà la differenza tra la soglia di povertà ufficiale e quanto dichiarato al Fisco. La soglia per ottenere il beneficio non dovrebbe essere inferiore a 6mila euro, superiore in ogni caso a quella usata attualmente per il Sostegno per l’inclusione attiva.
Il memorandum parte dal presupposto che i soldi stanziati finora per la partenza del Reddito di inclusione – 1,18 miliardi per il 2017 e 1,7 per il 2018 – bastano solo per il 30% dei quasi 4,6 milioni di italiani in condizioni di indigenza secondo l’Istat. E anticipa già che “non sarà possibile nel decreto attuativo definire i tempi della progressione graduale verso una misura pienamente universale, per necessità legate all’esigenza di reperire le adeguate coperture finanziarie“. Ma, si legge, “il Governo e l’Alleanza concordano che non si fermi questo percorso di universalizzazione della misura da realizzarsi attraverso il Piano di contrasto alla povertà e che sin dai prossimi provvedimenti di bilancio debbano essere assicurate le risorse che permettono in tempi ragionevoli la definizione dello stesso”. Fino ad allora i beneficiari saranno prioritariamente i nuclei con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni disoccupate.
Il Rei sarà costituito da un beneficio economico diretto, con importo determinato appunto sulla base dell’Isee familiare e dell’Isr, e da una componente di servizi alla persona e aiuto nella ricerca di lavoro e nella formazione. Su questo punto il memorandum prevede l’impegno del ministero a “introdurre nel Fondo per la lotta alla povertà una specifica linea di finanziamento strutturale per i servizi d’inclusione sociale connessi al ReI, in forma di quota vincolata da destinare ai territori” da usare per “le funzioni di informazione, accesso, presa in carico e percorsi d’ inserimento sociale”. Il governo s’impegna in particolare “ad assicurare che la quota vincolata per i servizi d’inclusione sociale non scenda mai al di sotto del 15% della dotazione del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale”.