Sono centinaia le forze dell’ordine impegnate nell’immensa area boschiva tra le oasi di Campotto e Marmorta. "Lasceremo questo spiegamento di forze sul territorio finché non lo avremo trovato" ha detto il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ai funerali di Valerio Verri a Ospital Monacale
Continua senza sosta anche a Pasqua, nelle terre di confine tra il bolognese e il ferrarese, la caccia a Norbert Feher alias Igor Vaclavic, il killer serbo ricercato da due settimane per gli omicidi del barista Davide Fabbri, ucciso la sera dell’1 aprile a Riccardina di Budrio durante un tentativo di rapina, e della guardia ecologica volontaria Valerio Verri, assassinato una settimana dopo nella zona di Portomaggiore mentre era impegnato con un collega della polizia provinciale in un servizio anti-bracconaggio. Sono centinaia le forze dell’ordine impegnate quotidianamente nell’immensa area boschiva (40 chilometri quadrati) tra le oasi di Campotto e Marmorta. “Lasceremo questo spiegamento di forze sul territorio finché non lo avremo trovato”, ha detto ieri – rispondendo anche alla preoccupazione degli abitanti – il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, intervenuto a nome del Governo ai funerali di Verri a Ospital Monacale. Gli investigatori lavorano anche sulle celle telefoniche e sui possibili appoggi del killer.
Norbert potrebbe aver avuto bisogno di cure. L’attenzione si rivolge anche ai centri abitati e a chi potrebbe coprire o aver aiutato il killer, ad esempio facendogli avere disinfettanti e garze trovati nei giorni scorsi a bordo del Fiorino rubato che usava quando è stato sorpreso dalla pattuglia a Portomaggiore. Si passano al setaccio pure le farmacie, dove il killer potrebbe essersi procurato garze e disinfettante, ma nessuno dice di averlo riconosciuto.
Forze dell’ordine e reparti speciali continuano a setacciare quell’ampio territorio tra le province di Ferrara e Bologna palmo a palmo, senza tregua, considerando ogni segnalazione, come quella che dava Norbert/Igor forse all’interno di una chiesa sconsacrata. Un falso allarme, come altri che hanno impegnato militari e agenti fino al Riminese. C’è anche una rete di possibili conoscenze su cui gli investigatori operano nel riserbo: diversi gli stranieri che abitano in zona monitorati e ascoltati.