Per sopravvivere, come raccontano da anni i rapporti Istat e Censis, si fa di tutto: dalle rinunce a fare figli, una scelta pesante che molti trentenni però stanno più o meno consapevolmente facendo, alla richiesta di aiuto ai genitori, che passano ciò che possono: soldi per la spesa e il parrucchiere, come nel caso di Sara. Oppure un appartamento da affittare, come per Francesco, che ci mantiene i due figli che altrimenti non avrebbe potuto avere. Molti poi, quelli che ammettono candidamente di evadere, almeno in parte. Come Marco, meccanico, che manda i soldi a casa perché i genitori sono poveri e con 1400 euro lorde – con partita Iva – finisce per avere in mano, tolte tasse e contributi, pochi spiccioli. “Lo faccio per non andare sotto i ponti. E nonostante la mia ragazza lavori, anche noi siamo due giovani che hanno deciso che un figlio non lo possono avere. La verità è che basta un passo falso e sei fottuto. Tu e tutta la tua famiglia”.
Quando chiedi loro perché non emigrino, rispondono che andarsene non è facile. Bisogna conoscere le lingue, ma soprattutto, paradossalmente, servono soldi anche per partire, poter stare un periodo in un altro Stato, trovare un lavoro, imparare a parlare la lingua del posto. E quando, infine, domandi se c’è un partito che li rappresenti alzano le spalle. Vorrebbero il reddito di cittadinanza, cioè un’integrazione a un reddito troppo basso, “basterebbero cinquecento euro al mese per svoltare”. Ma sulle politiche del lavoro degli ultimi governi non hanno dubbi: da Sacconi a Poletti la loro condizione è peggiorata, la deregulation si è accentuata, la precarietà è diventata endemica, radicale, mentre la politica – e pure i media, e insieme a loro i sindacati – continuano a parlare di “lavoratori” facendo riferimento solo ai dipendenti. Colpevolmente ignari che si tratta di una specie in via di estinzione. “Certo”, dicono tutti, “loro hanno uno stipendio fisso, il vitalizio per quando smetteranno di lavorare e in più piazzano i loro figli ovunque, come scopriamo puntualmente. Di noi, e della realtà, non sanno nulla, né nulla gli interessa”.