Dopo settimane di infuocata campagna elettorale Ankara vara la riforma costituzionale voluta dal presidente, ma il voto referendario non è esattamente un plebiscito: i No alla Sultanizzazione, infatti, sfiorano quota 49%, con un affluenza all'84%. Decisivo il voto nelle campagne mentre nelle grandi città vince il fronte anti Erdogan. L'opposizione accusa: "Voto illegittimo: conteggiate anche schede senza timbro ufficiale". Ora Erdogan può restare fino al 2034
Il presidente può esultare ma quella che esce dalle urne è una Turchia praticamente spaccata in due: da una parte ci sono i sostenitori fedeli a Recep Tayyip Erdogan, dall’altra quelli che invece non vogliono la Sultanizzazione del Paese. E dunque non vogliono nemmeno un Sultano. A vincere il referendum costituzionale sono i primi, ma sul successo si allungano subito le proteste da parte dell’opposizione che parla esplicitamente di “brogli” elettorali e annuncia la richiesta di riconteggio delle schede.
Dopo settimane di infuocata campagna elettorale, in ogni caso, Ankara svolta verso il super presidenzialismo voluto da Erdogan, anche se il voto referendario non è esattamente un plebiscito in favore del presidente. Secondo i dati diffusi dall’agenzia Anadolu, infatti, i Sì alla riforma costituzionale sono “appena” il 51,33% dei voti, contro i No che alla fine di una lunga rincorsa si fermano a quota 48,67 %. Da segnalare che il fronte contrario alla riforma vince sia ad Ankara che ad Instabul – cioè nella capitale e nella città in cui Erdogan è stato sindaco per anni. Decisivo, invece, per la vittoria del Sì il voto nelle province più periferice e nelle campagne.
Alla fine a dividere le due facce del Paese poco più di un milione di preferenze: 24 milioni e 819 mila turchi hanno votato per la riforma approvato dal parlamento il 21 gennaio scorso, mentre sono 23 milioni e 526 mila i voti espressi contro il super presidenzialismo, quando lo scrutinio è ormai arrivato al 99% delle schede. Numeri da non sottovalutare dato che l’affluenza è stata molto alta, quasi all’84%: su oltre 55 milioni di elettori, quasi 49 milioni sono andati a votare.
Le urne sono state chiuse alle 16, ora italiana, lo spoglio è cominciato subito dopo e aveva dato subito in largo vantaggio il fronte pro Erdogan con il Sì che era dato superiore al 60%. Una percentuale che si è abbassata via via che le scrutinio andava avanti. Alla vigilia, d’altra parte, si registrava qualche incertezza sull’esito del voto con i No che erano addirittura dati in vantaggio. Negli ultimi giorni, però, la tendenza si è rovesciata a favore del Sì, dopo una partenza in sordina. E alla fine dunque, il voto decisivo di un milione e trecentomila turchi fa vincere la grande scommessa ad Erdogan, il presidente uscito vincitore dal tentativo di colpo di Stato del luglio scorso: adesso potrebbe restare al potere fino al 2034.
Il clima post scrutinio, però, appare tutt’altro che rilassato. Subito dopo la diffusione dei primi dati sullo scrutinio, infatti, il Chp – principale partito di opposizione – ha messo in dubbio la legittimità del voto. Il motivo? La dichiarazione apparsa sul sito della Consiglio elettorale supremo turco (Ysk) qualche ora prima della chiusura delle urne segnalava che sarebbero state conteggiate anche le schede non timbrate dai funzionari, a meno che non si potesse provare che le stesse schede fossero contraffatte. La decisione, precisano dalla commissione, è giunta dopo che diversi votanti hanno segnalato che erano state consegnate loro schede senza timbro. In passato, queste venivano considerate nulle. “L’Alta commissione elettorale ha sbagliato, consentendo la frode nel referendum”, ha detto Bulent Tezcan, vice presidente Chp, ai giornalisti presenti nel quartier generale del partito ad Ankara. “Il Consiglio elettorale supremo – ha continuato Tezcan – ha cambiato le regole del voto. Questo significa permettere brogli“, creando “un serio problema di legittimità“. Il Chp ha dunque annunciato che chiederà di ricontare il 37% delle schede scrutinate. Che l’esito ufficiale sia Sì o No, contesteremo 2/3 delle schede. I nostri dati indicano una manipolazione nell’intervallo del 3-4%”, scrive invece su twitter l’account ufficiale del Partito Democratico dei Popoli (Hdp), la formazione turca che unisce le forze di sinistra e filo-curde.
Parole dure quelle di Tezcan, alle quali replica in qualche modo il primo ministro della Turchia, Binali Yildirim. “La nazione ha fatto la sua scelta. Questa è una nuova pagina nella storia della nostra democrazia, il risultato verrà usato per garantire la pace e la stabilità della Turchia”, ha detto il premier nella prima dichiarazione ufficiale dopo il voto. “Non ci fermeremo – ha aggiunto – andremo avanti dal punto in cui eravamo arrivati”.
Nel frattempo piazza Taksim, uno dei luoghi più frequentati della zona europea di Istanbul e palcoscenico di duri scontri tra manifestanti e polizia nel 2013, è stata chiusa al traffico per ragioni di sicurezza. Nelle altre zone della città, invece, i sostenitori di Erdogan, festeggiano.