Era il 18 febbraio 2006 e Lilli Gruber veniva su mio invito a presentare il suo ultimo libro – Chador (edito Rizzoli) – agli studenti del liceo Vailati di Genzano di Roma. Organizzammo una mattinata particolare, col preside Stefano Bianchi, al cinema teatro Cynthianum: 400 studenti del triennio in religioso silenzio ascoltarono le relazioni introduttive e l’intervento della scrittrice, poi – come da programma – cominciarono per più di un’ora le domande precise e documentate degli alunni che avevano letto il libro. Fu un bel dibattito. L’odierna conduttrice di Otto e mezzo portò davvero gli studenti nel cuore ferito dell’Iran. Lo ricordo perché ho stima di Gruber e ancora la seguo, la sera, ogni volta che posso; ha il dono della chiarezza, porge le domande con stile e intelligenza, punge, e informa gli ascoltatori con precisione sui temi più scottanti dell’attualità politica.
Negli studi di Otto e mezzo, si sa, non si urla e non ci si parla addosso: si ragiona. E infinite sono puntate in cui il codice etico ed estetico (non scritto) del programma è stato rispettato. L’ospite, anche il più illustre, ha il diritto di esporre il suo punto di vista, certo, ma deve sottoporsi alle domande – per niente scontate – della conduttrice e dei giornalisti (da Franco a Travaglio, da Mieli a Padellaro) che contribuiscono con la loro storia, il carisma e la conoscenza specifica dei fatti all’andamento della puntata.
Sta qui, credo, la ragione più profonda del successo. Il talk ha nella pluralità dei punti di vista la cifra più significativa: di fronte a una tesi c’è sempre, nello studio di Gruber, l’antitesi esposta dall’interessato o – in caso di assenza – narrata con puntigliosa precisione dalla conduttrice. È con grande sorpresa, quindi, che nella recente puntata di Otto e mezzo – ospite Matteo Renzi – ho ascoltato un duro attacco al nostro giornale in assenza di contraddittorio e senza una presa di distanza della conduttrice. La frase in questione è: “Travaglio… invece di fare il Fatto Quotidiano fa ‘il falso quotidiano‘“.
Attendevo una risposta, una battuta, una parola della Gruber. Non c’è stata. Un incidente di percorso in una storia giornalistica prestigiosa. Rifiuto di pensare che Lilli abbia voluto assecondare l’ex presidente del Consiglio: non fa parte del suo stile. Infatti, ha subito concesso nella puntata successiva il diritto di replica a Travaglio.
La giornalista che ha raccontato gli Stati Uniti come meglio non si potrebbe (America anno zero. Viaggio in una nazione in guerra con se stessa, edito Rizzoli), che, in difesa delle donne non perde occasione di pronunciare parole importanti (non solo in Tv, ma anche con il libro Figlie dell’Islam. La rivoluzione pacifica delle donne musulmane, edito Rizzoli); la giornalista che ha narrato, con tocco da scrittrice, della sua famiglia e della vita della bisnonna, dall’annessione della provincia di Bolzano all’Italia fino al 1940 (Eredità. Una storia della mia famiglia tra l’impero e il fascismo, Rizzoli), che di recente è tornata con competenza a occuparsi dell’Islam (Prigionieri dell’Islam. Terrorismo, migrazioni, integrazione, Rizzoli): ecco, una giornalista così non può inchinarsi al bullo di Rignano.
“Il Falso Quotidiano”. Chissà quanto ci ha pensato Renzi a trovare quest’immagine; la sua carriera è ricca di frasi ad effetto, costruzioni linguistiche, parole buttate lì per assonanza di idee, richiami concettuali, associazioni, rime; c’è una certa abilità retorica – bisogna ammetterlo – nella sua argomentazione pubblica. Tuttavia, stavolta è diverso. Nel passaggio linguistico e concettuale il Fatto/il Falso, Renzi deve aver sentito qualcosa di familiare, un non so che di casa, di noto, di molto vicino a sé. Un giornale serio mostra (documenta) situazioni e fatti: denuncia. Soprattutto il Potere.
Questo non piace – è comprensibile – all’ex premier. Dunque, infanga, denigra. Sporca il giornale che fa opposizione. D’altronde, qualcuno può davvero dire – restando intellettualmente onesto – che Renzi non sia un maestro nell’arte della falsità? Gli esempi (non tutti, certo) sono sul Fatto di venerdì 14. Cinico e falso. Un politico così, che si appropria anche di Pasolini (ottimo il testo di Daniela Ranieri), verrebbe bacchettato duramente da Montanelli: “Combattete per quello in cui credete. Perderete come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s’ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio”.
Che arrivino presto le elezioni e ci liberino dal bugiardo di Rignano.