La decisione anticipata un giorno prima della comunicazione formale da editore locale, Agostino Gaeta, che ha riportato su facebook la frase, attribuita al primo cittadino di Anzio, “fatevela a Nettuno la legalità”. Nello stesso post gli insulti ad Andrea Palladino: “L’antimafia parolaia, tra cui il Palladino e Il Fatto quotidiano ed il codazzo solito chiedono al comune una sala”
Parlare di legalità ad Anzio, città del litorale romano, non si può. O almeno, non nella sala del Comune, guidato da Luciano Bruschini, sindaco eletto con l’appoggio del Pdl nel 2013. La richiesta di uno spazio pubblico – presentata dai gruppi locali del M5s e di Sinistra italiana – per poter parlare di mafia in una zona dove è attiva una delle locali di ‘ndrangheta più pericolose del Lazio è stata respinta, senza nessuna giustificazione ufficiale. Ad annunciare la decisione – un giorno prima della comunicazione formale inviata via posta certificata agli organizzatori dell’evento – è stato un editore locale, Agostino Gaeta, che ha riportato sulla sua bacheca facebook la frase, attribuita al primo cittadino di Anzio, “fatevela a Nettuno la legalità”. Nello stesso post Gaeta ha insultato anche il collaboratore del Fatto quotidiano Andrea Palladino, autore di diverse inchieste sulle mafie nel sud del Lazio e invitato come relatore all’incontro: “L’antimafia parolaia, tra cui il Palladino e Il Fatto quotidiano – ha scritto – ed il codazzo solito chiedono al comune una sala”; per poi aggiungere subito dopo: “Hanno invocato anche l’aiutino dell’esperto in dossieraggio Andrea de Il Fatto”.
La scelta del comune del litorale sud della capitale arriva in un momento particolarmente delicato. Quattro interrogazioni parlamentari hanno richiamato l’attenzione sulla criminalità organizzata presente nella zona. Già nel 2005 il comune di Nettuno – contiguo ad Anzio – era stato sciolto dal Ministero dell’interno per infiltrazione delle mafie, con particolare riferimento alla ‘ndrangheta. Nel 2004 la Dda di Roma aveva concluso le operazioni Appia e Mithos, con l’arresto di una novantina di persone, dopo diversi anni di indagini del Ros dei carabinieri sul gruppo Gallace-Novella. Nel 2013 il Tribunale di Velletri – dopo sette anni di udienze – ha terminato il giudizio di primo grado, condannando una trentina di imputati per associazione mafiosa. Nel 2015 una sentenza del Gip di Roma Giacomo Ebner ha indicato la zona di Anzio e Nettuno come infiltrata da diverse ’ndrine, dove è garantita “una sorta di immunità e tranquillità ambientale per la gestione degli affari illeciti”.
Nel frattempo il quadro politico locale si è in parte modificato, con l’elezione del rappresentante del M5s Angelo Casto a sindaco di Nettuno. Come ha raccontato il Fatto quotidiano lo scorso settembre, Casto subito dopo le elezioni ha dovuto fronteggiare una difficile situazione, chiedendo il commissariamento del gestore dei rifiuti – società raggiunta da una interdittiva antimafia, scelta dalla precedente giunta guidata dal Pd – mentre veniva colpito da una campagna stampa di una testata locale, di proprietà dell’editore Agostino Gaeta. Dopo la pubblicazione dell’inchiesta giornalistica il giornale locale ha pesantemente insultato l’autore del pezzo Andrea Palladino e la testata, cercando di individuare – e isolare – le persone di Anzio e Nettuno ritenute vicine al giornalista. Nel frattempo Gaeta – che in passato ha gestito anche il quotidiano del Patto di Mario Segni – è stato condannato dal Tribunale di Velletri per concorso in abuso d’ufficio per alcuni favori ottenuti dal Comune di Nettuno negli anni passati. Una vicenda nata da un’indagine su una campagna di stampa della testata di Agostino Gaeta contro l’ex sindaco Alessio Chiavetta, eletto nel 2008, che – secondo la Procura della Repubblica di Velletri – “al fine di non essere più oggetto di campagne stampa denigratorie (…) ha preferito giungere ad un accordo con il giornalista Agostino Gaeta”. L’oggetto dello scambio – secondo la Procura – sarebbe stata una casa, concessa al Gaeta e poi sequestrata.
Ad Anzio negli ultimi mesi vi sono stati diversi episodi intimidatori, rivolti anche ad amministratori locali. Il 13 gennaio scorso una lettera diretta al vice sindaco contenente un proiettile è stata recapitata alla sede del comune. Due mesi prima l’automobile del politico era stata distrutta da un incendio doloso, davanti alla sua abitazione. Alla fine del 2016 – il 18 novembre – le fiamme avevano colpito la vettura e il furgone di un imprenditore locale, convivente dell’assessore alla cultura. Le interrogazioni parlamentari che hanno riguardato il comune di Anzio riportano anche alcune notizie particolarmente gravi, che riguardano direttamente la giunta guidata dal sindaco Bruschini. Il 21 settembre scorso alcuni senatori del M5s – tra i quali il vicepresidente della commissione antimafia Luigi Gaetti (prima firmataria la senatrice Elena Fattori) – hanno presentato una interrogazione parlamentare al ministro dell’interno chiedendo di verificare “la sussistenza dei presupposti per l’applicazione al comune di Anzio degli articoli 142 e 143 del TUEL, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, relativi allo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose”.
Tra i diversi episodi segnalati dai senatori vi sono alcuni affidamenti di lavori da parte dell’amministrazione comunale di Anzio alla “CSI (Centro servizi immobiliari) di Domenico Perronace, nipote del consigliere di maggioranza Pasquale Perronace, nonché di Nicola Perronace, personaggio imputato nel processo contro il clan dei Gallace per associazione a delinquere di stampo mafioso e sequestro di persona a scopo di estorsione. Recentemente Nicola Perronace è deceduto”. I parlamentari hanno poi ricordato come “l’assessore di Anzio Patrizio Placidi risulterebbe rinviato a giudizio per voto di scambio e indagato nell’inchiesta della DDA denominata “caro estinto”, in cui sono coinvolti i proprietari della ditta funebre Taffo, vicini alla famiglia Primavera, molto attiva nelle attività di traffico di stupefacenti nella periferia romana”. Al momento nessuna risposta è arrivata dal Ministro dell’Interno.
L’incontro sulle mafie – previsto per il prossimo 29 aprile – era dunque l’occasione per ricostruire il contesto criminale della zona, ritenuta da diverse fonti investigative uno dei fronti più caldi nel Lazio. “Questi ominicchi e viperelle – ha scritto il sindaco di Anzio sul profilo Facebook, commentando le interrogazioni parlamentari e la richiesta della sala per l’incontro sulle mafie – sono a conoscenza che non spetta alla politica la gestione degli appalti pubblici?”.