Roma, 29 apr. (Adnkronos) - "Hamas come partito politico è benvenuto nell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) se accetta i principi a cui i suoi membri aderiscono: e dunque l'idea che la pace deve essere raggiunta senza violenza e senza armi in base alla soluzione dei due Stati. Per quanto riguarda il governo: l'esecutivo che io guido è un governo tecnico, non ci sono rappresentanti di partito né possono esserci. Questo vale per Hamas così come per Fatah. Ed è chiaro che non possono esserci armi in Palestina che non siano quelle che rispondono all'autorità centrale". Lo dice a Repubblica il primo ministro dell'Autorità nazionale palestinese Mohammed Mustafa.
"I nostri problemi con Hamas non sono iniziati il 7 ottobre 2023 - chiarisce il premier dell'Anp - Hamas ha preso il controllo di Gaza dal 2007 e questo ha avuto un impatto notevole sulle vite di tutti i palestinesi. Il 7 ottobre ha chiaramente modificato lo scenario, ma credo che ora sia chiaro a tutti che la soluzione verrà solo quando Gaza sarà riunita con il resto della Palestina. Deve esserci un unico Stato, un'unica legge, e un'unica autorità che controlla le armi. È questa la realtà che dobbiamo costruire per aiutare Gaza a ripartire: sarà difficile, serviranno i soldi e il supporto della comunità internazionale. Ma stiamo già lavorando".
Parlando della mediazione americana nella guerra con Israele, Mustafa afferma che "la posizione del presidente Trump sul Medio Oriente è chiara e il suo ruolo sulla scena internazionale è forte. Noi capiamo che in questo momento si sta occupando di molte cose: penso all'Ucraina e all'Iran. Ma io credo che quando verrà il momento, saprà indicare un accordo improntato a pace e giustizia. Senza la fine della guerra a Gaza non si potrà parlare del resto: è urgente che finisca la guerra. A metà maggio Trump sarà in Arabia Saudita, a giugno ci sarà una conferenza a New York promossa dall'Arabia Saudita e dalla Francia: speriamo che si arrivi a risultati concreti".
Mustafa si sofferma anche sulla posizione di Bergoglio riguardo uno Stato palestinese: "Papa Francesco ha fatto una grande differenza nella maniera in cui noi palestinesi siamo visti: non solo in Vaticano, ma nel mondo. Negli ultimi anni il movimento per il riconoscimento dello Stato palestinese ha avuto a livello globale una grossa spinta. Su questo credo che il fatto che il nostro Stato sia riconosciuto dal Vaticano ha avuto un importante impatto. Per questo, per il supporto che ha sempre dato alla pace e per aver riconosciuto sin dal primo momento la sofferenza di Gaza, gli saremo sempre grati. Credo e spero che quanto ha fatto non si fermerà alla sua persona: papa Francesco ha costruito un ecosistema di supporto alla Palestina, un'eredità che mi auguro che il suo successore, chiunque sia, porterà avanti".
"Per il futuro della nostra regione non c'è altra strada se non il dialogo e la coesistenza - conclude il premier - Alla fine anche il governo israeliano si dovrà arrendere a questa evidenza. Non credo che Israele sia più sicuro oggi dopo 19 mesi di guerra, con uno degli eserciti più forti del mondo che combatte contro una milizia e che ancora non può dire di aver vinto. Non credo neanche che oggi Israele abbia più amici di prima nel mondo. Questi mesi dimostrano che la guerra non è la soluzione. La soluzione sono i diritti, la pace, la riconciliazione: noi continuiamo a sperare che questo si possa raggiungere. Lo speriamo anche di fronte alle violenze quotidiane dei coloni, a quello che accade a Gaza e alle scelte folli del governo Netanyahu. Come diceva il Papa, la speranza non delude mai".
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