Il servizio sul vaccino contro il papilloma virus ha scatenato sulla trasmissione una bufera politica che in poco tempo si è estesa alla gestione del dg di viale Mazzini. "Servono veloci e proficui approfondimenti", attacca Guelfo Guelfi, spin doctor di Matteo Renzi ai tempi di Firenze e membro del cda Rai. Che mette nel mirino anche "Cartabianca", programma di Bianca Berlinguer. Maggioni: "Chiudere Report? Ipotesi fantasiose"
In principio fu l’inchiesta su L’Unità e gli affari del gruppo Pessina. Poi lunedì, con la puntata dedicata al vaccino contro il papilloma virus, Report è tornato sotto i riflettori e il fuoco incrociato della politica. Insieme a Cartabianca, creatura di quella Bianca Berlinguer che dalle parti del Nazareno non è simpatica, ma soprattutto in compagnia di Antonio Campo Dall’Orto, voluto da Matteo Renzi direttore generale della Rai e che negli ultimi mesi alle latitudini renziane è finito dagli altari a un passo dalla polvere. La portata dell’attacco emerge dal nome dell’ultimo inquisitore in ordine di tempo: a riattizzare le braci sotto la graticola su cui rosola da tempo l’inventore di Mtv Italia è stato Guelfo Guelfi, longa manus dell’ex premier in consiglio di amministrazione.
“Sui vaccini, sui nostri figli, non si scherza – spiega a La Repubblica il regista delle prime Leopolde e oggi membro del cda di viale Mazzini – che queste stupidaggini finiscano a Report fa parte del dibattito sul confine tra la responsabilità e la battaglia per decimi di audience“. Ora in Rai “servono veloci e proficui approfondimenti con Campo Dall’Orto – prosegue Guelfi – chiedo l’ammodernamento dell’azienda. Piano editoriale e criteri di ripartizione delle risorse, ad esempio. Il cda si è fatto sentire con l’ad. E questa discussione andrà avanti a partire da domani. Non si scherza“.
Il tono di Guelfi è quello di chi preannuncia il redde rationem: “Più che la testa – mette le mani avanti l’ex responsabile della comunicazione del Renzi versione presidente della Provincia di Firenze – bisogna chiedere la sostanza. Serve una discussione. Non sarà una passeggiata, ma su questo si misurerà il livello di relazione fiducia fra il cda e l’ad”. Prossimo appuntamento il cda del 5 maggio, nel quale “si discuterà dei documenti non approvati nella scorsa riunione (il 13 aprile i consiglieri si rifiutarono di rimuovere il tetto ai compensi degli artisti, quando il dg chiedeva che il nuovo regime, con il massimo degli emolumenti fissato a quota 240mila euro, entrasse in vigore a metà maggio invece che a fine aprile, ndr). Andranno ripresentati, motivati. Togliendo la mano dalla pistola, ma ne parleremo: noi consiglieri non siamo passacarte“.
Ma l’intervista è l’occasione per allargare il raggio delle critiche. Obiettivo Cartabianca, la trasmissione della Berlinguer, per la quale la “battaglia per decimi di audience” è invece sacrosanta: “Lo sa che uno speciale sui borghi ha fatto il doppio di ascolti? Ci sono cose che guardano al futuro, Cartabianca si accanisce sul passato. I talk sono un capitolo morto”.
Sul servizio nel quale Report metteva in discussione l’efficacia del vaccino contro il papilloma virus – citando una review in cui il Nordic Cochrane Center accusava l’Agenzia europea del farmaco di aver sottovalutato le reazioni avverse – martedì tutto il Pd aveva imbastito un primo processo mediatico, con il membro della Vigilanza di strettissimo credo renziano Michele Anzaldi a presiederne l’ipotetico tribunale. Lo stesso giorno la Rai ha aperto una formale istruttoria, scrive ancora La Repubblica. Circostanza riportata anche da Il Messaggero, secondo cui su mandato del dg Dall’Orto i vertici di viale Mazzini hanno avviato un’inchiesta interna che non esclude sanzioni, fino alla sospensione, almeno temporanea, del programma.
Una possibilità contro la quale si schiera Roberto Fico: “Se sospendono Report gli italiani sospendano il pagamento del canone – scrive il presidente della Vigilanza sul blog di Beppe Grillo – chiediamo a tutti i cittadini di sostenere Report, perché l’Italia ha bisogno di un giornalismo indipendente che faccia informazione di qualità”, afferma il deputato M5s che avverte: “Siamo pronti ad andare sotto viale Mazzini con un vero e proprio presidio se la Rai chiude Report. Sarebbe un atto eversivo inaccettabile”. “Ho sentito le ricostruzioni più fantasiose – ha detto la presidente Rai Monica Maggioni in Commissione di Vigilanza- nessuno ha mai pensato per un secondo di chiudere Report. Tanto per sgombrare il campo alle fantasie”.
Che finisce nel mirino per la seconda volta in una settimana. La puntata del 10 aprile, dedicata ai rapporti tra il quotidiano L’Unità e la Pessina Costruzioni, si era meritata l’attenzione di Matteo Renzi in persona: “Credo che il Pd abbia già querelato, siamo alla follia – attaccava l’ex premier a Otto e Mezzo – queste cose meritano solo la firma di una querela”. Diversi consiglieri chiedevano di fare chiarezza sulle responsabilità editoriali, mettendo anche in discussione la cosiddetta manleva, che solleva gli autori del programma. “I giornalisti devono essere liberi di compiere il proprio lavoro – sibilava il consigliere Arturo Diaconale – ma voglio capire di chi è la responsabilità in caso di risarcimenti danni“. “L’azienda non deve sempre aspettare che succeda qualcosa – rincarava capogruppo Pd in Vigilanza Vinicio Peluffo – i vertici devono assumersi le responsabilità rispetto al ruolo che hanno”. Dove per vertici era da intendersi un nome in particolare: quello di Campo Dall’Orto.
Il dg della Rai – difeso la scorsa settimana dai componenti M5S della Vigilanza – è sempre nei pensieri di Michele Anzaldi, responsabile della comunicazione di Renzi nella campagna per le primarie del Pd, che martedì è tornato ad attaccarlo. E non per la vicenda Report: “Sto presentando un’interrogazione in commissione di Vigilanza – ha annunciato il deputato del Pd e segretario della commissione di Vigilanza – per capire cosa è successo in merito ai diritti che la Rai paga a Cairo per il Giro d’Italia, passati da 5 a 12 milioni di euro per quattro anni. Chi ha fatto questa trattativa? Su che basi? L’azienda rappresentata da Urbano Cairo è riuscita a ottenere più del doppio rispetto al precedente accordo. Trattandosi di soldi dei cittadini, sarebbe stata invece auspicabile una trasparenza esemplare”.