La sciopero della domenica di Pasqua presso l’Outlet di Serravalle Scrivia riapre la discussione sulla gestione dei turni di lavoro durante le giornate festive. Si tratta di un argomento delicato, che facilmente si presta a strumentalizzazioni ideologiche e sulla quale è pertanto difficile portare avanti riflessioni obiettive che si concentrino sulla radice concreta dei problemi.
A ben guardare, quello che manca non è una regolamentazione più dettagliata, che stabilisca quando, per quanto tempo e come gli esercizi commerciali debbano restare aperti; piuttosto occorre un insieme di strumenti contrattuali in tema di rapporti di lavoro che riescano a venire incontro alle esigenze dei lavoratori e delle imprese. La recente abolizione dei voucher costituisce sicuramente un passo nella direzione sbagliata.
E’ mai possibile che in un Paese con la bassa occupazione, soprattutto giovanile, come il nostro non ci siano lavoratori disposti a coprire turni durante le festività? Molto difficile crederlo, tuttavia la normativa inadeguata a questo proposito rende particolarmente complesso e oneroso impiegare delle persone per periodi di tempo limitato e in ogni caso in modo occasionale. Giungiamo quindi al paradosso di avere al contempo, lavoratori regolari che vorrebbero poter avere dei turni di riposo durante le festività, lavoratori non occupati che sarebbero ben felici sostituirli durante quei turni e aziende che non possono ottimizzare la propria gestione del personale a causa di una normativa inefficiente, farraginosa e spesso gravosa al punto da rendere antieconomico l’impiego di risorse che pertanto rimangono disoccupate.
Accantonate le invettive ideologiche contro le perfide imprese e multinazionali, così come quelle contro i lavoratori che “ingrati” che ogni tanto vorrebbero poter riposare durante le feste, la questione va letta in termini di una normativa del lavoro inadeguata. È di tutta evidenza che quello che servirebbe a tutti i soggetti coinvolti è la possibilità di regolare i rapporti di breve durata in modo più leggero sia sotto il profilo della gestione amministrativa che del carico fiscale e contributivo.
A questo punto arriviamo a un altro scoglio ideologico: la necessità di compensare adeguatamente il sacrificio connesso al lavoro durante le festività, così come di assoggettarlo a un trattamento previdenziale in linea con quello del lavoro regolare. La realtà, purtroppo testimoniata dalla diffusione del lavoro in nero, è che esiste una vasta platea di lavoratori disposti ad accettare condizioni di lavoro differenziate per i lavori temporanei e occasionali e che, a quelle condizioni, è possibile concludere dei contratti che soddisfano entrambe le parti, mentre l’alternativa consiste nel lavorare di meno e ridurre il benessere e la ricchezza di lavoratori, imprese e consumatori.
La soluzione più efficace, per ovviare ai problemi di come coprire le esigenze lavorative durante le festività risiede pertanto nella possibilità per lavoratori ed imprese di accordarsi su forme di collaborazione semplificate dal punto di vista amministrativo e agevolate sotto il profilo fiscale e contributivo. Se poi abbiamo a cuore il livello delle retribuzioni e il miglioramento delle condizioni di lavoro, non solo nei giorni festivi, c’è una strada che da sempre si è rivelata estremamente efficace: perseguire la crescita dell’economia nel suo complesso.
Là dove la disoccupazione è minore ed è più difficile per le imprese trovare personale, i salari tipicamente salgono e le condizioni di lavoro migliorano (dando per scontato che nei paesi industrializzati dette condizioni non possano comunque mai scendere sotto certi standard minimi). Ma la crescita economica è ostacolata, non favorita dalle regolamentazioni invasive che, come dimostra l’esperienza italiana, finiscono per impedire alle parti di raggiungere un accordo che sarebbe di mutua soddisfazione.
Possiamo quindi congetturare che la regolamentazione più leggera e flessibile, che nel breve termine aiuterebbe a gestire i picchi di lavoro e le esigenze occasionali, potrebbe contribuire positivamente alla crescita dell’intera economia e, di conseguenza favorire la crescita dei salari e il miglioramento delle condizioni di lavoro.