Condannati per la strage di via d'Amelio i boss mafiosi, mentre per calunnia i due falsi collabori di giustizia. I giudici hanno riconosciuto al balordo della Guadagna la circostanza attenuante di essere stato indotto a fare le false accuse: la concessione dell’attenuante ha comportato la prescrizione del reato
Ergastolo per i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino, dieci anni per i falsi pentiti Francesco Andriotta e Calogero Pulci. Prescritto, invece, Vincenzo Scarantino. È questa la sentenza emesse dalla corte d’assise di Caltanissetta alla fine del processo Borsellino Quater, quello scaturito dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, che ha riscritto completamente la fase operativa della strage di via d’Amelio.
Madonia, capomafia palermitano della cosca di San Lorenzo, sarebbe stato tra i mandanti dell’attentato. Tutino, invece, avrebbe partecipato alla fase esecutiva della strage. I falsi pentiti sarebbero autori del clamoroso depistaggio che ha portato alla condanna di sette innocenti per i quali, dopo il passaggio in giudicato del verdetto emesso oggi dalla corte d’assise, verrà avviato il processo di revisione, già chiesto dalla procura generale di Caltanissetta. Le accuse dei falsi collaboratori di giustizia Pulci e Andriotta sono state fondamentali per le loro condanne: da qui la contestazione della calunnia.
La corte presieduta dal giudice Antonio Balsamo ha dunque accolto le richieste della procura, che aveva chiesto il carcere a vita per i due mafiosi, mentre per Andriotta e Pulci la richiesta di pena era di 14 anni di carcere. Più controverso il caso di Scarantino: per la pubblica accusa si sarebbe inventato “di volta in volta bugie e falsità, accogliendo i suggerimenti degli investigatori e fornendo le risposte che si aspettavano per un tornaconto personale consistente nell’uscire dal carcere e avere dei benefici”. Un passaggio che aveva fatto scoppiare un pesante botta e risposta tra i pm e l’avvocato Fabio Repici, legale di Salvatore Borsellino, che invece aveva chiesto l’assoluzione dell’ex balordo della Guadagna. Alla fine i giudici hanno riconosciuto a Scarantino la circostanza attenuante di essere stato indotto a fare le false accuse. La concessione dell’attenuante ha comportato la prescrizione del reato, mentre per Scarantino i pm avevano chiesto la condanna a otto anni e sei mesi.
Resta da capire chi lo avrebbe indotto a depistare le indagini: dopo aver archiviato l’inchiesta a carico di Mario Bo,Vincenzo Ricciardi e Salvatore La Barbera, i pm nisseni hanno iscritto nel registro degli indagati altri sei poliziotti. La corte d’assise ha anche trasmesso alla procurai verbali delle udienze perché valuti se in alcune deposizioni – non è stato specificato quali – si possano ravvisare profili di reato e se ci siano elementi per nuovi spunti di indagine. Anche al quarto processo sulla strage di via d’Amelio, dunque, qualcuno avrebbe mentito.
“Non so se ci sarà un altro processo, ma ci sono temi che devono essere ulteriormente sviluppati e l’esito del processo offre spunti per altri approfondimenti”, ha commentato il procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone. “Dopo tanti anni finalmente abbiamo la sentenza del Borsellino bis. Aspettiamo le motivazioni, ma mi pare che sia stato riconosciuto il fatto che Scarantino è stato indotto al depistaggio“, ha detto, invece, l’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale di parte civile di Gaetano Murana, condannato ingiustamente all’ergastolo per la strage. L’avvocato ha ironicamente fatto riferimento al processo Borsellino bis, dibattimento in cui i collaboratori avrebbero mentito determinando le ingiuste condanne.