Il profilo dell'attentatore parigino radicalizzato: aveva aggredito un allievo poliziotto e il fratello dopo un inseguimento in auto. In seguito all'arresto, aveva sottratto l'arma di un altro agente e aveva fatto fuoco. Condannato a 20 anni di carcere per tentato omicidio, la pena era stata ridotta a 15
Si chiamava Karim Cheurfi l’attentatore che giovedì sera ha aperto il fuoco a colpi di kalashnikov contro la polizia francese sugli Champs-Elysées, assassinando un agente prima di essere a sua volta ucciso. Ma Karim, francese delle banlieue schedato come a rischio radicalizzazione, era già noto alle forze dell’ordine. Sedici anni fa infatti aveva attaccato due poliziotti, come riporta Le Figaro. Il 6 aprile 2001 Karim, 23 anni all’epoca, aveva rubato un’auto a Roissy-en-Brie, a 30 chilometri da Parigi. Dopo uno scontro con una vettura su cui viaggiava un allievo poliziotto insieme al fratello, Karim si dà alla fuga. Ma viene inseguito dai due e il futuro agente allerta i colleghi. Karim finisce in un fosso, l’allievo esce dall’auto e lo raggiunge. A quel punto Karim spara due colpi al ventre dei fratelli e scappa a piedi, venendo acciuffato dopo un breve inseguimento.
Ma non è finita. Le Figaro racconta infatti che l’8 aprile Karim riesce a convincere un poliziotto a entrare nella sua cella con una scusa (secondo la Bfm-Tv, diceva di aver bisogno di medicinali), si impossessa della sua arma e fa fuoco, sparando cinque colpi e ferendo gravemente l’agente che però riesce a richiamare i colleghi, che immobilizzano il criminale. Viene indagato per tentato omicidio e nel 2003 è condannato a 20 anni di reclusione, poi ridotti a 15 in corso di appello nel 2005. Dodici anni dopo lo ritroviamo a vendere abbigliamento al mercato di Chelles, a 25 chilometri dalla capitale.
Recentemente, Karim era stato trattenuto per un interrogatorio a Meaux, appena fuori Parigi, dopo che alcun informatori avevano riferito alla polizia che “cercava armi per uccidere poliziotti”, riporta il Telegraph. Ma gli agenti avevano dovuto rilasciarlo per mancanza di prove.