LA TENEREZZA di Gianni Amelio. (IN SALA DAL 24 APRILE 2017) Con Elio Germano, Giovanna Mezzogiorno, Renato Carpentieri. Italia 2017. Durata 105’. Voto 5/5 (DT)
“La felicità non è una meta da raggiungere, ma una casa a cui tornare”. In un’inedita Napoli contemporanea, fredda e crepuscolare, l’anziano avvocato Lorenzo si risveglia su un letto d’ospedale. Tornato a casa incontra l’abbiente giovane coppia di nuovi vicini di casa con prole, e con cui condividerà il balcone. Lorenzo, che sembra aver più imbrogliato il prossimo vincendo cause nel passato professionale, è vedovo, ha una figlia traduttrice dall’arabo in tribunale con cui non parla da anni, un figlio sempre alla disperata ricerca di soldi, e un’amante che non è proprio lo specchio del bel ricordo. Il quotidiano passeggiare col nipotino Francesco, l’incontro con l’inquieta e dolce Michela, più che con lo schivo e tormentato marito Fabio, accendono nel protagonista un mai esibito ma impellente bisogno di aprirsi al prossimo. Fino a quando nella trama uno sprofondo verticale alla Rossellini non accelererà la necessità di “tenerezza” dell’iroso, crudele ed egoista protagonista. Amelio torna in grande stile all’amata esplorazione di anime, con quel suo minimalismo retrò, debitore della grande tradizione dell’incomunicabilità drammaturgica. La tenerezza è un cupo vagare di anime tra vicoli partenopei finalmente non pittoreschi, cantieri navali incombenti, coppette gelato e tazzulelle di caffè dentro cui si mescolano inevitabili meschinità esistenziali a soffocate richieste di aiuto a sopravvivere felici nel mondo che stritola. L’apparentemente dimessa ma esclusivamente penetrante costruzione del set, l’esplorazione di spazi e luoghi di una macchina da presa dinamica e permeabile alla sensibilità del racconto (guardate come si “apre” lo spazio nella sequenza del ritorno di Lorenzo a casa sotto la pioggia tra le macchine della polizia), l’idea drammaturgica di queste improvvise surreali “assenze” del protagonista, come delle increspature di tono nelle buffe richieste di un sorriso, dimostrano se ce ne fosse ancora bisogno quanto Amelio sia un cineasta a tutto tondo, memore della lezione dei classici del novecento e in grado di gestire l’intera macchina cinema come nemmeno John Ford. Renato Carpentieri semplicemente monumentale.