Anche i musulmani italiani si mobilitano per chiedere al governo turco la liberazione di Gabriele Del Grande, il giornalista e regista di origini lucchesi fermato il 10 aprile dalle forze di sicurezza di Ankara nella provincia di Hatay, vicino al confine turco-siriano. “Si tratta di un appello che renderemo pubblico da stasera (21 aprile, ndr) al quale possono aderire tutti i musulmani italiani – spiega a ilfattoquotidiano.it Davide Piccardo (nella foto), tra i fondatori del Coordinamento delle Associazioni Islamiche di Milano e Monza (Caim) – Non è un’iniziativa legata a una o più associazioni musulmane, ma pensata per chiunque voglia manifestare in favore dei diritti di Del Grande. Se ci sono delle accuse nei confronti del giornalista è giusto che il governo turco le notifichi e si vada a regolare processo. Ma se non ci sono deve essere liberato, non si può trattenere una persona 12 giorni senza la possibilità di consultare liberamente un avvocato”.
All’iniziativa hanno già aderito, tra gli altri, Hamza Roberto Piccardo, fondatore dell’Unione delle Comunità Islamiche Italiane (Ucoii), Saif Eddine Abouabid e Farouk Abdallah, Presidente dei Giovani Musulmani milanesi. Tra i firmatari – uno di questi è lo stesso Davide Piccardo – ci sono comunque membri di associazioni che nel tempo hanno sostenuto l’operato del governo del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Akp): “Abbiamo sempre avuto dei buoni rapporti, anche di collaborazione, con la Turchia – continua il fondatore del Caim – E non siamo qui per dare una lezione di politica a Recep Tayyip Erdoğan. Non sarebbe corretto dire ‘è un italiano, quindi dovete rilasciarlo’, ma se, come è trapelato, non ci sono accuse a suo carico non è giusto trattenere una persona per un tempo così lungo senza poter consultare i legali liberamente. I diritti devono essere rispettati”.
Del Grande ha riferito di essere trattato bene, “ma più di dieci giorni di detenzione non sono giustificabili – dice Piccardo – Anche se, come lui stesso ha anticipato, era in contato con membri di organizzazioni terroristiche, dallo Stato Islamico al Partito dei Lavoratori de Kurdistan (Pkk), non si può arrestare un giornalista solo perché intervista un terrorista”.
Il discorso poi si allarga alla situazione della Turchia, con 154 giornalisti incarcerati, il numero più alto al mondo, oltre 47mila arresti e 130mila epurazioni successivi al fallito colpo di Stato del 15 luglio 2016. Davide e Hamza Piccardo non hanno mai nascosto il proprio sostegno al governo turco, anche durante l’ultima campagna referendaria, e il fondatore del Caim sostiene che la vicenda di Del Grande non deve essere usata come pretesto per facili generalizzazioni riguardanti la politica interna turca.
“Non sono qui a fare l’avvocato di Erdoğan – precisa –, ma nel Paese sono in vigore leggi straordinarie a causa di un tentato golpe. Quando analizziamo l’operato del governo Akp dobbiamo ricordare il contesto politico e sociale, vorrei vedere cosa faremmo in Italia se dei caccia ci bombardassero il Parlamento. Lo Stato oggi sta affrontando una molteplice minaccia terroristica: tra indipendentisti del Pkk, di Isis e apparati infiltrati dall’organizzazione di Fethullah Gülen. Probabilmente ci sono stati degli abusi da parte delle forze di sicurezza, spero solo che chi non è colpevole venga rilasciato. Non credo si possa parlare di dittatura in Turchia quando un referendum così importante vince con solo il 51% dei consensi”.
Davide Piccardo (“Ho visto militari presi a schiaffoni che manco Bud Spencer”, ndr) e suo padre (“Un Paese come la Turchia non si governa con la mitezza”, ndr) sono stati tra coloro che hanno esultato quando, subito dopo il fallito golpe, sono iniziate le purghe governative contro centinaia di migliaia di persone considerate vicine al cosiddetto “Stato parallelo” creato da Fethullah Gülen. “I numeri sono così alti perché Hizmet (l’organizzazione fondata da Gülen, ndr) era radicata in molti settori – continua – Con questo non voglio dire che tutti i gulenisti debbano essere arrestati, anzi. Vale lo stesso principio applicato per Del Grande. Preferisco però una democrazia imperfetta come quella turca a una dittatura militare in stile Egitto. Le mie esternazioni a caldo sono state fraintese. Il mio plauso era alla reazione del popolo turco. La Turchia oggi è un Paese che difende i diritti dei musulmani, a differenza di qualche anno fa, ma pretendiamo che il rispetto per le libertà fondamentali venga applicato anche a casi come quello di Gabriele Del Grande”.
Twitter: @GianniRosini
Diritti
Gabriele Del Grande, appello dei musulmani italiani: “Diritti siano rispettati. Libero se non ci sono accuse”
All’iniziativa hanno già aderito, tra gli altri, Hamza Roberto Piccardo, fondatore dell’Unione delle Comunità Islamiche Italiane (Ucoii), Saif Eddine Abouabid e Farouk Abdallah, Presidente dei Giovani Musulmani milanesi. "Se non ci sono accuse nei suoi confronti deve essere liberato"
Anche i musulmani italiani si mobilitano per chiedere al governo turco la liberazione di Gabriele Del Grande, il giornalista e regista di origini lucchesi fermato il 10 aprile dalle forze di sicurezza di Ankara nella provincia di Hatay, vicino al confine turco-siriano. “Si tratta di un appello che renderemo pubblico da stasera (21 aprile, ndr) al quale possono aderire tutti i musulmani italiani – spiega a ilfattoquotidiano.it Davide Piccardo (nella foto), tra i fondatori del Coordinamento delle Associazioni Islamiche di Milano e Monza (Caim) – Non è un’iniziativa legata a una o più associazioni musulmane, ma pensata per chiunque voglia manifestare in favore dei diritti di Del Grande. Se ci sono delle accuse nei confronti del giornalista è giusto che il governo turco le notifichi e si vada a regolare processo. Ma se non ci sono deve essere liberato, non si può trattenere una persona 12 giorni senza la possibilità di consultare liberamente un avvocato”.
All’iniziativa hanno già aderito, tra gli altri, Hamza Roberto Piccardo, fondatore dell’Unione delle Comunità Islamiche Italiane (Ucoii), Saif Eddine Abouabid e Farouk Abdallah, Presidente dei Giovani Musulmani milanesi. Tra i firmatari – uno di questi è lo stesso Davide Piccardo – ci sono comunque membri di associazioni che nel tempo hanno sostenuto l’operato del governo del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Akp): “Abbiamo sempre avuto dei buoni rapporti, anche di collaborazione, con la Turchia – continua il fondatore del Caim – E non siamo qui per dare una lezione di politica a Recep Tayyip Erdoğan. Non sarebbe corretto dire ‘è un italiano, quindi dovete rilasciarlo’, ma se, come è trapelato, non ci sono accuse a suo carico non è giusto trattenere una persona per un tempo così lungo senza poter consultare i legali liberamente. I diritti devono essere rispettati”.
Del Grande ha riferito di essere trattato bene, “ma più di dieci giorni di detenzione non sono giustificabili – dice Piccardo – Anche se, come lui stesso ha anticipato, era in contato con membri di organizzazioni terroristiche, dallo Stato Islamico al Partito dei Lavoratori de Kurdistan (Pkk), non si può arrestare un giornalista solo perché intervista un terrorista”.
Il discorso poi si allarga alla situazione della Turchia, con 154 giornalisti incarcerati, il numero più alto al mondo, oltre 47mila arresti e 130mila epurazioni successivi al fallito colpo di Stato del 15 luglio 2016. Davide e Hamza Piccardo non hanno mai nascosto il proprio sostegno al governo turco, anche durante l’ultima campagna referendaria, e il fondatore del Caim sostiene che la vicenda di Del Grande non deve essere usata come pretesto per facili generalizzazioni riguardanti la politica interna turca.
“Non sono qui a fare l’avvocato di Erdoğan – precisa –, ma nel Paese sono in vigore leggi straordinarie a causa di un tentato golpe. Quando analizziamo l’operato del governo Akp dobbiamo ricordare il contesto politico e sociale, vorrei vedere cosa faremmo in Italia se dei caccia ci bombardassero il Parlamento. Lo Stato oggi sta affrontando una molteplice minaccia terroristica: tra indipendentisti del Pkk, di Isis e apparati infiltrati dall’organizzazione di Fethullah Gülen. Probabilmente ci sono stati degli abusi da parte delle forze di sicurezza, spero solo che chi non è colpevole venga rilasciato. Non credo si possa parlare di dittatura in Turchia quando un referendum così importante vince con solo il 51% dei consensi”.
Davide Piccardo (“Ho visto militari presi a schiaffoni che manco Bud Spencer”, ndr) e suo padre (“Un Paese come la Turchia non si governa con la mitezza”, ndr) sono stati tra coloro che hanno esultato quando, subito dopo il fallito golpe, sono iniziate le purghe governative contro centinaia di migliaia di persone considerate vicine al cosiddetto “Stato parallelo” creato da Fethullah Gülen. “I numeri sono così alti perché Hizmet (l’organizzazione fondata da Gülen, ndr) era radicata in molti settori – continua – Con questo non voglio dire che tutti i gulenisti debbano essere arrestati, anzi. Vale lo stesso principio applicato per Del Grande. Preferisco però una democrazia imperfetta come quella turca a una dittatura militare in stile Egitto. Le mie esternazioni a caldo sono state fraintese. Il mio plauso era alla reazione del popolo turco. La Turchia oggi è un Paese che difende i diritti dei musulmani, a differenza di qualche anno fa, ma pretendiamo che il rispetto per le libertà fondamentali venga applicato anche a casi come quello di Gabriele Del Grande”.
Twitter: @GianniRosini
Articolo Precedente
Biotestamento: finalmente la svolta, ma come verrà attuata la nuova normativa?
Articolo Successivo
Giornata mondiale della Terra, da Washington a Roma marciano anche i ricercatori: “Difendiamo la scienza”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Cronaca
Papa Francesco, la Sala stampa del Vaticano diffonde la prima foto dal giorno del ricovero. L’Angelus: “Sto affrontando periodo di prova”
Mondo
Ucraina, l’inviato Usa: “Distanze ridotte tra Russia e Kiev”. Zelensky cambia il capo di Stato Maggiore e annuncia il missile Long Neptune: può colpire Mosca
Mondo
Israele, terremoto allo Shin Bet: Netanyahu silura il capo Bar e denuncia il suo predecessore
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Il presidente del partito israeliano Unità Nazionale, Benny Gantz, definisce il licenziamento, da parte del premier Benjamin Netanyahu, del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, "un colpo diretto alla sicurezza dello Stato e allo smantellamento dell'unità nella società israeliana per ragioni politiche e personali".
Anche il presidente di Yisrael Beytenu, Avigdor Liberman, condanna la decisione, dichiarando che se il Primo Ministro Netanyahu “avesse combattuto Hamas con la stessa determinazione con cui sta combattendo il capo dello Shin Bet, l'ufficio del Procuratore generale e il sistema giudiziario, l'olocausto del 7 ottobre sarebbe stato impedito”.
Mosca, 16 mar. (Adnkronos) - La Russia ha ripetutamente affermato che non dovrebbero esserci “forze di peacekeeping” della Nato in Ucraina. E se l'Alleanza decidesse di aiutare Kiev in questo modo, significherebbe la guerra. Lo ha affermato su X il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato la sua intenzione di licenziare il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, e di averlo "informato che la prossima settimana presenterà una proposta al governo per porre fine al suo mandato".
In una dichiarazione successiva, Netanyahu ha spiegato: “In ogni momento, ma soprattutto durante una guerra esistenziale come quella che stiamo affrontando, deve esserci piena fiducia tra il primo ministro e il capo dello Shin Bet. "Ma sfortunatamente, la situazione è l'opposto: non ho questa fiducia. Nutro una sfiducia continua nel capo dello Shin Bet, una sfiducia che è solo cresciuta nel tempo".
(Adnkronos) - "Il nemico americano ha lanciato un'aggressione palese contro il nostro Paese nelle ultime ore con oltre 47 attacchi aerei", si legge nella dichiarazione. In risposta, "le Forze Armate hanno condotto un'operazione militare specifica prendendo di mira la portaerei americana USS Harry S. Truman e le sue navi da guerra nel Mar Rosso settentrionale con 18 missili balistici e da crociera e un drone".
"Con l'aiuto di Allah Onnipotente", prosegue la dichiarazione, "le forze armate yemenite continueranno a imporre un blocco navale al nemico israeliano e a vietare alle sue navi di entrare nella zona di operazioni dichiarata finché gli aiuti e i beni di prima necessità non saranno consegnati alla Striscia di Gaza".
Sana'a, 16 mar. (Adnkronos) - Gli Houthi hanno risposto ai bombardamenti americani sullo Yemen attaccando la USS Harry S. Truman nel Mar Rosso con missili balistici e un drone. Lo rivendica il portavoce del gruppo yemenita.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - La polizia israeliana ha aperto un'indagine sull'ex capo dell'agenzia di sicurezza Shin Bet, Nadav Argaman, dopo che venerdì il primo ministro Benjamin Netanyahu ha presentato una denuncia.
Il premier israeliano ha accusato Argaman di ricatto e reati legati alla legge che riguarda lo Shin Bet, che proibisce ai dipendenti dell'organizzazione di divulgare informazioni ottenute nell'ambito del loro lavoro.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un abitante di Gaza, che stava "tentando di piazzare ordigni esplosivi" nei pressi del corridoio di Netzarim, è stato ucciso. Lo riferisce l'esercito israeliano.