Gian Piero Gasperini fu vittima di ricatti ed estorsioni da parte degli ultrà del Genoa. È la tesi con cui la Procura del capoluogo ligure ha aperto un’inchiesta sul divorzio consensuale tra l’allenatore e il club, alla fine della scorsa stagione, ed ha indagato diversi tifosi per associazione a delinquere. Secondo l’accusa del pm Emilio Gatti che coordina l’indagine della polizia, gli ultrà hanno tenuto sotto scacco Gasperini, con minacce di contestazioni e pressioni se le loro richieste non fossero state ascoltate. E l’infiltrazione della criminalità nel mondo del tifo organizzato rossoblu è stata denunciata anche in commissione Antimafia dal procuratore di Genova, Francesco Cozzi, che ha riferito di uno “stile mafioso” e di “rapporti promiscui tra calciatori e tifosi, spesso mediati dalla società”.
Secondo quanto riportato dal Secolo XIX, fra gli episodi presi in considerazione dalla Procura c’è il litigio consumato tra gli ultrà e Gasperini sulla presenza negata di alcuni calciatori simbolo della squadra ai raduni dei club. Ma anche la conferenza stampa del tecnico dopo un match contro il Palermo a gennaio 2016, in cui disse: “Ho un concetto molto più alto della tifoseria del Genoa rispetto a Leopizzi, o il Cobra o Traverso. Quando ho visto questa gente, con cui ho avuto problemi, mi è venuto in mente Criscito e le magliette di Sculli”. Gasperini cita tra gli altri Davide Traverso, il presidente dell’Associazione club genoani, e l’episodio del 22 aprile 2012, quando in Genoa-Siena sul risultato di 0-4, gli ultrà costrinsero prima l’arbitro a interrompere la partita e poi i giocatori, guidati da Giuseppe Sculli, a levarsi la casacca del club.
L’ipotesi seguita da chi indaga, scrive il quotidiano ligure, è che la crescente pressione dei tifosi sul tecnico abbia portato a una “prova di forza” terminata con il passaggio di Gasperini all’Atalanta. L’indagine incrocia anche episodi legati al traffico di droga, tra cui l’arresto di “Davidino” Masala, custode di un arsenale di armi e sostanze stupefacenti, e gli scontri avvenuti prima di un derby con la Sampdoria che per gli inquirenti erano un regolamento di conti legati allo spaccio. La presenza di “malavitosi” tra gli ultrà del Genoa è al centro dell’accusa del procuratore Cozzi alla commissione Antimafia, che ha portato il procuratore della Figc, Giuseppe Pecoraro, ad aprire un’inchiesta per verificare eventuali responsabilità del club ligure dal punto di vista della giustizia sportiva. Il magistrato, in due ore di audizione, ha citato molti degli episodi già ricordati per sostenere come il modo di agire del tifo organizzato rossoblu “si avvicini molto a quello delle organizzazioni di tipo mafioso”. Cozzi, scrive il Secolo XIX, ha anche puntato il dito contro l’atteggiamento apparentemente non del tutto estraneo della società.
Tra le vicende raccontate dal procuratore la più recente riguarda il sequestro di un drone all’inizio di aprile. Secondo le indagini, alcuni tifosi genoani hanno contattato il polito albanese che nel 2014 durante Albania-Serbia fece volare il velivolo sopra il campo con la bandiera della Grande Albania, provocando una rissa e la sospensione del match. Avrebbero voluto fare un’azione simile durante Genoa-Atalanta del 5 aprile scorso, per contestare il presidente Enrico Preziosi. “L’avevamo studiata bene e doveva essere una protesta pacifica. Peccato non essere riusciti a portarla a termine”, ha spiegato al Secolo XIX un capo ultrà del Genoa.