Una volta si diceva: “Male che vada dormirò sotto un ponte”. Oggi non si può più dire nemmeno questo. I ponti italiani crollano, vedi Agrigento, Lecco, Ancona e, in ultimo, quello di Fossano (Cn), o sono in pessime condizioni, ma il Documento economico finanziario (Def) per le infrastrutture, approvato dal governo qualche giorno fa, non prevede che le briciole per la conservazione, valorizzazione e adeguamento agli standard funzionali di sicurezza del patrimonio stradale. In questo scenario, però, consistenti risorse vengono stanziate per nuove grandi opere stradali e autostradali.
Le ex province, ormai agonizzanti, non solo non dispongono delle risorse per la manutenzione straordinaria e per il monitoraggio della rete di competenza, ma non hanno neppure fondi per la manutenzione ordinaria (buche, segnaletica, sfalciatura erba ecc.). In particolare, le reti delle provincie dell’arco alpino e appenninico si trovano a fronteggiare una situazione disperata: oltre ai ponti pericolanti, sono numerose le gallerie con infiltrazioni d’acqua in un contesto idro-geologico già particolarmente critico che non vengono manutenute per mancanza di fondi. E la rete è molto estesa: si tratta di 154mila km di strade e autostrade di cui ben 111.514 km di rete provinciale.
Per esempio, la provincia di Brescia non ha le risorse per tenere monitorati e in sicurezza 450 ponti e 70 gallerie, ma può vantare sul suo territorio la più vuota autostrada italiana: la Brebemi, costata oltre 2,3 miliardi di euro. Convivere con questa pesante contraddizione diventa sempre più pericoloso mentre l’incidentalità aumenta. Quel che lascia basiti è che nelle tasche dell’Anas ci sono 258 milioni di euro ricevuti grazie allo “Sblocca-Italia” che prevede la possibilità di prorogare automaticamente e senza gara le concessioni, in cambio di nuovi investimenti.
Come accaduto per l’autostrada Serenissima Brescia-Padova, la cui concessione è stata prorogata in cambio di 258 milioni per il primo moncone, in galleria, della Valtrompia autostrada progettata 30 anni fa. Anas, regioni e province fanno sapere che opere come questa andranno avanti: poco importa se la rete crolla letteralmente a pezzi. Governo e Anas sono occupati per la “fusione del secolo” con le Ferrovie dello Stato.
È in vista un altro baraccone pubblico che per spesa, ruolo, influenza sostituirà l’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri): mentre le strade sprofondano, i progetti per le grandi opere autostradali e ferroviarie fioriscono senza nessuna valutazione tecnico-economica.