Anche se dovessero vincere i Sì, nell’immediato non cambia nulla, essendo consultivo. Il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri: "Serve solo per avviare il percorso costituzionale per trasferire alla Lombardia maggiori competenze. Abbiamo offerto un documento unitario dei sindaci e presidenti di Provincia con cui andare insieme Maroni ad aprire un tavolo con il governo, ma non ha voluto"
Il referendum consultivo per l’autonomia della Lombardia si terrà domenica 22 ottobre, lo stesso giorno del referendum in Veneto. Lo ha annunciato il governatore Roberto Maroni al termine della riunione della Giunta della Regione Lombardia, a Bergamo. Giovedì Maroni aveva anticipato: “Faremo sicuramente il referendum per l’autonomia entro quest’anno, oggi sentirò il presidente Zaia e domani annuncerò la data: sarà a ottobre”. “Abbiamo già fatto la gara – ha spiegato Maroni – per il sistema elettronico di voto: ora ci sono diverse procedure da attivare e un cronoprogramma, Oggi definirò gli ultimi dettagli – ha concluso il presidente – e domani in Giunta regionale, che terremo a Bergamo, annuncerò la data”.
Anche se dovessero vincere i Sì, nell’immediato non cambia nulla, essendo il referendum solo consultivo. I governatori però avranno più forza contrattuale quando si aprirà il negoziato con il governo centrale. Dopo il referendum, infatti, le due Regioni potranno trattare con Roma per ottenere maggiori competenze e anche la possibilità di mantenere una parte della tassazione che oggi finisce allo Stato, come l’Irpef, sul territorio.
Secondo il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri “Maroni vuole passare alla storia come il presidente della Lombardia che ha speso 46 milioni di euro per fare una cosa che si può fare gratis. Il referendum consultivo serve per avviare il percorso costituzionale per trasferire alla Lombardia maggiori competenze, cioè serve per indire una riunione a Roma. Il Pd lombardo crede da sempre che la nostra Regione dovrebbe avere competenze più di altre e per questa ragione ha offerto ormai un anno e mezzo fa un documento unitario dei sindaci dei capoluoghi e dei presidenti di Provincia, amministratori che rappresentano dieci milioni di cittadini lombardi, con cui andare insieme a Maroni ad aprire il tavolo con il Governo. Maroni non ne ha fatto nulla, così come non fece nulla per dare maggiore autonomia alla Lombardia nei tanti anni in cui è stato ministro. Ci ripensi, non è con inutili iniziative di parte ma tenendo insieme il territorio lombardo che si possono ottenere risultati per i cittadini”.