L'istituto l'aveva congelata invocando le clausole che scattano in caso di comportamenti fraudolenti o colpa grave dei dirigenti. Ora, in attesa del via libera a una ricapitalizzazione preventiva a carico dello Stato senza la quale andrà in risoluzione, è deciso a resistere in giudizio
L’ex direttore generale di Veneto Banca Vincenzo Consoli, indagato e lo scorso anno finito per tre mesi ai domiciliari con le accuse di aggiotaggio e ostacolo all’attività di vigilanza, ha avviato contro l’istituto di credito di Montebelluna una doppia causa per ottenere 3,5 milioni di euro di liquidazione. Consoli ha interrotto il suo rapporto di lavoro con la banca il 25 luglio 2015 e ha ricevuto “solo” 150mila euro per il mancato preavviso. Da qui i ricorsi che il giudice ha riunificato, come indica il Corriere del Veneto, perché Consoli ora pretende la somma in conseguenza di un accordo sottoscritto prima di interrompere il contratto che prevedeva il versamento di 1,8 milioni a titolo di corrispettivo per il patto di non concorrenza, 900mila euro a titolo transattivo, 761mila come penale per anticipata risoluzione e 189mila come indennità sostitutiva.
L’istituto, salvato insieme a Popolare di Vicenza dal fondo Atlante e ora in attesa del via libera a una ricapitalizzazione preventiva a carico dello Stato senza la quale andrà in risoluzione, è deciso a resistere in giudizio. Intanto ha reso noti i compensi del 2016: 2,1 milioni di euro al consiglio di amministrazione guidato da Cristiano Carrus e 2,7 milioni di euro ai top manager.
Montebelluna aveva deciso di congelare la liquidazione di Consoli invocando le clausole di malus e claw back. Quelle che scattano in caso di comportamenti fraudolenti o colpa grave a danno della banca o azioni del dirigente da cui sia derivata una perdita significativa.