Che Carta si prenda il lusso di farci sapere che quel che ha fatto fin qui non era il meglio, Santo Iddio, non è che fosse proprio necessario, le orecchie le abbiamo anche noi. Lui, comunque, non ha pietà di noi. E nel comunicato stampa che presenta la canzone abusa delle nostre povere menti come i protagonisti nazisti delle 120 giornate di Sodoma e dice: “Tieniti forte è un mantra, un riassunto, un filo conduttore; lega perfettamente i brani del mio nuovo disco dove tutte le tracce sono accomunate dall'esigenza di imparare a resistere”. Pietà
Uno ce la mette tutta. Sopporta il fatto che la temperatura sia passata di colpo da ventisette gradi e cinque, e che l’ha scoperto dopo qualche minuto che è uscito di casa, la mattina presto, con indosso solo jeans e t-shirt. Sopporta che il Comune di Milano abbia aumentato del centotrenta per cento la retta per il doposcuola estivo. Sopporta di non avere mai saputo come è andata a finire Goldrake, perché quarant’anni fa qualcuno ha deciso che l’ultima puntata era sacrificabile. Sopporta tutto. Poi gli arriva un comunicato stampa della WEA che gli dice che Marco Carta sta tornando, e che sta tornando con un singolo che anticipa un nuovo album. Ecco, fossimo in epoca Maya ce ne sarebbe abbastanza per fare sacrifici umani atti a rabbonire qualche divinità incazzata, perché i segni dell’imminente fine del mondo sono più che chiari. Per cui uno prende i propri figli per mano, li porta in cima a un monumento piramidale dal nome impronunciabile, nome che potrebbe serenamente essere anche quello di un mostro di H.P. Lovecraft, li dispone su un altare rudimentale fatto di pietre mentre brandisce un machete, perché i sacrifici vanno fatti a regola d’arte, quando alla memoria gli sovviene il titolo del nuovo singolo di Marco Carta, e capisce che è inutile far sacrifici, la divinità è incazzata talmente tanto che non c’è modo di rabbonirla, meglio piuttosto assumere posizione a uovo e aspettare il naturale decorso degli eventi.
Perché come lancio del nuovo lavoro dal sintomatico titolo Tieniti forte, e su questo siamo tutti d’accordo, Marco Carta, vincitore di una vecchia edizione del talent di Maria De Filippi e di una vecchia edizione del Festival di Sanremo, edizione che l’anno successivo, sverginato da Carta, avrebbe visto vincere Valerio Scanu, il tizio che adesso imita Patty Pravo a Ballando con le stelle, ha deciso di tirare fuori il il singolo Il meglio sta arrivando. Ora, non conosciamo personalmente Marco Carta, perché va bene tutto, va bene ascoltare musica di merda perché questo passa il convento, va bene ricevere comunicati stampa che annunciano l’uscita di musica di merda, perché in fondo, come diceva una vecchia pubblicità piuttosto inquietante “se la conosci la eviti”, va bene mettere in conto che per aver scritto questo articolo si riceveranno eoni di insulti da parte delle cartine, le fan di Carta, appunto, in nomen omen, per dirla senza starsi a scervellare troppo per fare facili ironie, ma che Marco Carta si prenda il lusso di farci sapere che quel che ha fatto fin qui non era il meglio, Santo Iddio, non è che fosse proprio necessario, le orecchie le abbiamo anche noi.
Quel che però il comunicato ci fa sapere è che per l’occasione Marco Carta, il cui singolo, ricordiamolo nel caso foste tra quanti amano autoinfliggersi dolore, o, nello specifico, farsi infliggere dolore dagli altri, chi scrive questo articolo nei panni della mistress vestita di latex, voi lì, in ginocchio su cocci di vetro, i capezzoli divorati da morsetti per le batterie della macchina, una coda da procione che spunta lì dove noi umani non abbiamo una coda, Marco Carta il cui singolo si intitola Il meglio sta arrivando, ha cambiato squadra di lavoro, questo ci dice il comunicato stampa della sua casa discografica, e ci dice pure che a scrivere il nuovo singolo non è stato Elio o un qualche fine umorista, ma Raige, Davide Simonetta e Luca Chiaravalli (perché Luca? Che ti abbiamo fatto di male?). Ecco, uno decide di cambiare corso, lo fa prendendo un titolo del genere, e si fa scrivere il singolo da Raige, vi rendete conto, da Raige.
Ma non basta, la canzone che ci presenta è una roba che spingerebbe chiunque a prendere i propri figli, portarli in cima a un monumento piramidale dal nome impronunciabile, nome che potrebbe serenamente essere anche quello di un mostro di H.P. Lovecraft, disporli su un altare rudimentale fatto di pietre mentre brandisce un machete, perché i sacrifici vanno fatti a regola d’arte, non tanto per chiedere che la imminente fine del mondo sia allontanata, quanto perché arrivi il più presto possibile. Una roba di una bruttezza raccapricciante, del resto in perfetta linea con la discografia di Marco Carta. Una canzone, per altro, che conoscendo le capacità canore del nostro (del loro, Dio Santo, del loro), fa capire quanto abbiano dovuto faticare in studio a aggiustare la voce, perché è sostanzialmente impossibile che Marco Carta riesca a cantarla dal vivo, manco se arrivasse a possederlo lo spirito di Freddie Mercury.
Marco Carta, comunque, non ha pietà di noi. E nel comunicato stampa che presenta Il meglio sta arrivando, abusa delle nostre povere menti come i protagonisti nazisti delle 120 giornate di Sodoma. Arriva infatti a dire questo “Tieniti forte è un mantra, un riassunto, un filo conduttore; lega perfettamente i brani del mio nuovo disco dove tutte le tracce sono accomunate dall’esigenza di imparare a resistere”. Dopo aver riletto per la centesima volta queste parole, l’autore di questo pezzo, in ginocchio sui pezzi di vetro di degregoriana memoria, il machete in una mano e la coda di procione che spunta lì dove noi umani una coda non abbiamo si chiede: ma che cazzo vorrà mai dire, Marco Carta? Non hai pietà, tu, di noi?