“Buongiorno Bill, in quest’isola di 24mila chilometri quadrati vivono tre milioni di pecore, 700mila capre e 200mila mucche. Producono un latte molto pregiato dal quale si ricavano formaggi unici al mondo. Ti va di sponsorizzare la nostra battaglia per far sopravvivere questo sistema economico millenario?”.
Questo sos è firmato da Fortunato Ladu, pastore sardo di Desulo, in provincia di Nuoro, con un allevamento a Pabillonis, nel Campidano di Cagliari. Una richiesta d’aiuto che sarebbe rimasta senza eco se fosse stata indirizzata a un Bill qualsiasi e non al fondatore di Microsoft. Insomma a Bill Gates, l’uomo più ricco del mondo secondo Forbes. Fortunato Ladu racconta il suo mondo. Prova a spiegarlo. Cerca di convincere Gates.
“Ho letto molto sui suoi trascorsi, ha detto che del 99% dei soldi che guadagna non sa che farsene, e poi investe in green, gli piace la terra e, laddove ha investito, ha sempre salvaguardato le etnie locali: sono certo che se potesse seguire il lavoro di un capraro a Seui o Perdasdefogu, resterebbe sconvolto”.
La Sardegna apre una finestra sull’Italia dei piccoli contesti. Delle realtà locali che in troppi ritengono marginali e quindi trascurabili, ma che invece costituiscono la cifra del Paese. Realtà che le politiche nazionali da decenni, con una progressiva insensatezza, continuano a considerare sostanzialmente insignificanti. Il paradosso è che sono numerose le occasioni in cui si esaltano quelle realtà locali, invece abbandonate.
Le circostanze più propizie per ricordarsi di quei mondi minori sono però i disastri naturali. Alluvioni e terremoti, soprattutto. Alcuni borghi marchigiani e umbri sono stati rasi al suolo dal sisma? Piogge torrenziali e conseguenti smottamenti hanno fatto crollare stalle e allevamenti? Ecco, allora, invocare la particolarità di quei luoghi. L’esaltazione di abitanti e allevatori, contadini e pastori. Esaltazioni inutili. Parole al vento. Quell’Italia che mostriamo di apprezzare nelle difficoltà bisogna imparare ad aiutarla sempre. Un aiuto che si può manifestare recandosi in quei luoghi, visitandoli. Offrendo loro la possibilità concreta di non essere cancellati. Magari, perfino di svilupparsi. L’Italia trabocca di territori nei quali tanti altri Fortunato Ladu cercano di trovare un loro spazio.
“Vorrei che visitassi questa terra per valutare con i tuoi occhi se vale la pena o meno di salvare un patrimonio economico e culturale il cui valore è inestimabile per noi. A causa della crisi del prezzo del latte, migliaia di aziende si trovano in precarie condizioni economiche, abbiamo perso le speranze di aiuti concreti perché siamo considerati non l’asse portante dell’economia sarda, ma l’ultima ruota del carro”, scrive, quasi confidenzialmente, il pastore.
Chiedere aiuto allo straniero facoltoso è l’ultima chance per Ladu. Dopo aver sperimentato che la sua Regione e il suo Paese non sono interessati al suo lavoro, non gli rimane che sperare in Mr. Microsoft. Ladu non riesce a capire perché mai l’Italia che all’Expo milanese ha presentato le sue eccellenze anche nel settore eno-gastronomico, lo abbia abbandonato. Ladu trova impossibile che nel Paese che esalta la bellezza di Eataly, vetrina delle particolarità locali, i pastori sardi debbano proporre i loro prodotti a Bill Gates. Povero Fortunato Ladu, non ha capito che l’Italia non è più Paese per le piccole realtà.