7) Quello che sembra ancora mancare, in Francia come in Italia e nel resto dell’Europa (si pensi alle difficoltà di Podemos) è una “forza materiale” che sostanzi il progetto di una nuova sinistra. Come in Spagna anche in Francia la sinistra che si afferma elettoralmente sembra possedere solo due ingredienti: un leader e molti voti. Non è poco, ovvio, ma manca tutto quello che sta in mezzo (un partito per alcuni, tanti, un insieme di “istituzioni sociali” per chi scrive, etc.). Questo schema è quello che oggi alimenta l’idea che un “populismo di sinistra” sia già in atto e quindi possibile. Ma lo schema non è convincente perché, come già accennato, non solo non consente la prova di forza che, per affermare una politica alternativa, servirà, prima o poi, contro i poteri costituiti ma non regge nemmeno la prova della democrazia e della partecipazione attiva. Che poi rappresenta, davvero, il connotato di quella “forza materiale”.
8) Per quanto riguarda il secondo turno si sente in giro molta voglia di astensione di fronte a quelle che sono considerate le “due destre”. L’affermazione è molto confusa perché le “due destre”, in chiave europea sono i partiti dell’establishment, i conservatori e i socialdemocratici. Quindi i socialisti e i gollisti. Il Front nazionale è la destra potenzialmente fascista, un’altra cosa quindi. Eppure Melenchon, nel suo discorso serale, ha lasciato presagire una certa equidistanza e lo stesso si sente da molte parti della sinistra italiana. Il problema, però, è che nel sistema costituzionale francese il secondo turno non richiede il voto per adesione ma per minore o maggiore affinità, fino al voto chiaramente contrario. E’ successo già nel 2002 con il ballottaggio tra Chirac e Le Pen (padre) con tutta la sinistra schierata con il vecchio “imbroglione” (così lo definì gran parte della stampa). Non si tratta perciò di andare a votare “per” Macron ma di votare “contro” Le Pen nella convinzione che in questi casi la strada più giusta è quella di scegliersi il governo a cui fare opposizione.