Dove vanno a finire i sogni dei diciott’anni, quelli che riempivano le pagine dei diari? Claudio Pelizzeni, 35 anni, se lo chiedeva tutti i giorni sul treno che da Piacenza lo portava a Milano. Nel capoluogo milanese aveva un posto fisso in banca, ottenuto dopo la laurea in economia e commercio. Eppure in quella routine da pendolare i conti non tornavano mai: “Mi sentivo un po’ incastrato tra scadenze e coincidenze – racconta -, erano già due o tre anni che pensavo di mollare tutto, ma non riuscivo a trovare una soluzione valida”.
Un giorno, però, durante la solita tratta, è scattato qualcosa: “Dal treno ho visto un tramonto che mi ha fatto pensare a tutte le cose che mi stavo perdendo – ricorda –, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”. Era l’ottobre del 2013 e Claudio capisce che era arrivato il momento di rispolverare il suo sogno nel cassetto – fare il giro del mondo in 1000 giorni, senza prendere aerei. Prima, però, doveva fare i conti con il suo diabete: “Sono andato dal dottore e gli ho detto: ‘Qualsiasi cosa mi dici, io parto lo stesso’ – ricorda – e lui mi ha messo di fronte al fatto che molti diabetici non vivono la malattia in maniera serena come faccio io”. Questa per Claudio è stata una spinta in più: “Volevo diventare una sorta di testimonianza per tutti loro – sottolinea – e dimostrare che nonostante la nostra patologia possiamo avere una vita normale”.
“Erano già due o tre anni che pensavo di mollare tutto, ma non riuscivo a trovare una soluzione valida”
Nasce così il progetto “Trip Therapy”, diventato ormai un blog di successo: “Ho scelto questo nome perché metteva insieme sia il tema del diabete che la ricerca della felicità”, spiega.
Viaggiatore di indole lo era sempre stato, ma questa volta l’obiettivo era decisamente più ambizioso e da affrontare in completa solitudine: “All’inizio il viaggio sembra essere la cura per ogni malessere – ammette -, ma alla prima difficoltà ti rendi conto che puoi contare solo su te stesso”. Una volta acquisita questa consapevolezza, però, le cose cominciano a girare per il verso giusto.
In questi tre anni di cammino Claudio ha visitato 41 paesi, tra cui la Patagonia in Argentina (“due mesi e mezzo in tenda, facendo autostop e bevendo solo acqua di ruscelli e laghi”), il Nepal (“è stata l’esperienza umanamente più bella, facevo il volontario in un orfanotrofio e si era creato un bellissimo rapporto con i bambini”), l’India (“Sono stato uno dei pochi ad attraversare il confine a piedi”).
Finalmente padrone del suo tempo e delle sue giornate: “Non mi davo scadenze – ammette – ma in genere mi muovevo seguendo la stagione delle piogge, in modo da risparmiare il più possibile”, spiega. Il suo, infatti, è stato un viaggio low-cost: “L’obiettivo iniziale era spendere 15 euro al giorno, ho sforato un po’, ma sono rimasto sotto i 20 – racconta -, quindi alla fine ho speso 20mila euro”. Senza contare che nei posti in cui soggiornava più a lungo cercava sempre dei lavoretti, in modo da pagarsi vitto e alloggio.
“Volevo diventare una sorta di testimonianza per i diabetici, e dimostrare che nonostante la nostra patologia possiamo avere una vita normale”
Lungo il cammino non sono mancati gli ostacoli, pratici ed emotivi, ma Claudio ha tenuto duro: “Ho pensato di tornare a casa una sola volta, in Uruguay, quando avevo già alle spalle tre quarti del viaggio – ricorda -, però in quel momento ho sentito una grande nostalgia dei momenti di condivisione quotidiana, dall’intesa con i miei famigliari alla birra bevuta con gli amici”.
A spingerlo a non mollare ci hanno pensato i messaggi delle persone che seguivano le sue avventure da casa: “Soprattutto quelli dei genitori di bambini diabetici – sottolinea – e poi tutti quelli che vedevano le mie foto e scrivevano ‘Grazie, mi sembra di essere in viaggio con te’”.
Claudio è tornato nella sua Piacenza da poco più di un mese: “È stato in assoluto il momento più bello – ammette – il mondo è bellissimo, ma nulla sarà mai paragonabile a quel battito di cuore che mi regala casa mia”. Il suo viaggio è diventato un romanzo, “L’orizzonte, ogni giorno, un po’ più in là. Il giro del mondo senza aerei”: “L’ho scritto soprattutto sui mezzi di trasporto – spiega –, sui cargo mercantili per l’Australia o durante i lunghi viaggi in bus”. A 35 anni Claudio ha realizzato il suo sogno, ma ci sono ancora degli obiettivi da rispettare: “Voglio evitare l’abitudine e non ritrovarmi più invischiato nei vecchi meccanismi”. E ha un’arma in più: “So di poter contare sempre su me stesso”.