Il 26 e 27 aprile i paesi Ue si accorderanno sui rafforzamenti nelle normative da introdurre dopo lo scandalo emissioni. Alla vigilia la ong Transport & Environment di Bruxelles denuncia: "Per gli stati membri, Dieselgate non è mai accaduto". La commissione Ue chiede test su auto già in strada e controlli sulle autorità omologanti nazionali, gli Stati nazionali cercano di indebolire la stretta
Il dieselgate ha insegnato ben poco. A un anno e mezzo dallo scoppio dello scandalo che ha coinvolto la Volkswagen, la riforma del sistema europeo di omologazioni e controlli sulle emissioni inquinanti dei diesel rischia di venire annacquata dalle pressioni degli Stati dell’Unione, Italia compresa. Questa è la valutazione di Transport & Environment, ong ambientalista con sede a Bruxelles, che in questi giorni rende pubblico un documento dal titolo emblematico: “Per gli Stati membri il dieselgate non è mai esistito”. Il documento arriva proprio nei giorni in cui i vari governi inizieranno le negoziazioni sulla riforma in seno al Consiglio dell’Ue. E tra i Paesi che più cercheranno di alzare muri contro le nuove regole c’è proprio l’Italia, dove nei mesi scorsi il ministero dei Trasporti ha eseguito una serie di test i cui risultati sono finiti in un report pieno di buchi e omissioni, soprattutto per quanto riguarda i dati sulle emissioni di ossidi di azoto (NOx) delle Fiat Chrysler.
Quella che arriva al Consiglio dell’Ue è la proposta di riforma presentata più di un anno fa dalla Commissione europea, basata su tre filoni principali: rendere i test indipendenti, intervenendo sui rapporti tra case costruttrici ed enti o società di omologazione nazionali, introdurre controlli ex-post sui veicoli già in circolazione e dare alla Commissione un potere di supervisione sull’intero sistema, con la facoltà per esempio di multare le case costruttrici inadempienti. Nuove regole che affiancheranno l’introduzione dei test di omologazione su strada (Rde, Real driving emissions), da aggiungersi a quelli di laboratorio previsti sino a oggi. Lo scorso 4 aprile il Parlamento europeo, sulle basi dei risultati della commissione d’inchiesta Emis (Emission measurements in the automotive sector), si è espresso sulla proposta di riforma della Commissione auspicandone l’inasprimento sotto diversi aspetti. Ma ora il rischio è che il Consiglio dell’Ue, nonostante il tentativo di mediazione della presidenza maltese, trasformi in carta straccia molte delle richieste degli eurodeputati.
E’ questo il caso, per esempio, delle verifiche da fare sui veicoli in circolazione: se la commissione non aveva posto alcuna soglia minima sul numero di auto da testare, parlando solo di test “su scala adeguata”, il Parlamento ha votato perché la autorità nazionali eseguano prove su almeno il 20% dei modelli immessi sul mercato. Ma diversi Stati membri sono contrari e la mediazione della presidenza maltese ha già ridotto la soglia a un veicolo da testare ogni 50mila: “Si tratterebbe di circa 50 veicoli in un paese come la Francia e nessuno in Lettonia – fa notare Transport & Environment -. Un livello di ambizione molto inferiore a quello dell’Europarlameto”. Di qui l’accusa dell’organizzazione ambientalista: “Gli Stati membri stanno agendo negli interessi dei costruttori di auto e non dei cittadini”. Cosa ancora più grave considerate le conseguenze sulla salute: “Le emissioni dei diesel, con almeno 29 milioni di veicoli troppo inquinanti sulle strade dell’Ue, contribuiscono a 72mila morti premature a causa del biossido di azoto”.
Tra le misure che rischiano di venire rigettate dagli Stati membri, c’è il potere da conferire alla Commissione europea di condurre controlli “spot” indipendenti sui veicoli in circolazione (in aggiunta a quelli in capo alle autorità nazionali). Tra i governi contrari T&E elenca quelli di Italia, Germania, Spagna, Romania, Bulgaria e Repubblica Ceca, che cercheranno di mantenere la responsabilità dei controlli unicamente in seno ai propri enti di omologazione. E questo nonostante “Volkswagen non sia stata multata dalle autorità tedesche – sottolinea T&E – e l’Italia continui a difendere Fiat contro il sospetto di imbrogliare sulle emissioni”.
Diversi Stati membri, tra cui ancora una volta Italia, Germania e Spagna, sono inoltre contrari a introdurre audit indipendenti sulle autorità di omologazione nazionali, audit che l’Europarlamento vorrebbe venissero condotti da esperti esterni e coordinati dalla Commissione. Il rischio, secondo T&E, è dunque che la riforma non porti a reali miglioramenti in un sistema che è risultato inefficace nel prevenire il dieselgate. Con una conseguenza: “Le case costruttrici continueranno a imbrogliare sulle emissioni e l’Unione europea farà affidamento sull’Agenzia di protezione ambientale americana (Epa) per controllare le proprie auto”.
Secondo Transpoert & Environment, l’ultimo testo di compromesso proposto a inizio marzo dalla presidenza maltese “rifiuta ancora di accettare una vigilanza efficace che assicuri l’applicazione delle regole” e, nonostante ciò, rischia pure di essere bocciato dal Consiglio: “Il testo non è al momento supportato dalla maggioranza degli Stati, che lo trovano troppo ambizioso – si legge nel documento dell’ong -. Tra questi Italia, Germania e Spagna, che vogliono continuare a proteggere le case costruttrici”. Per conoscere le intenzioni del nostro governo è stata depositata in questi giorni un’interrogazione dalla deputata del M5S Arianna Spessotto: “L’Italia supporterà il compromesso presentato dalla presidenza maltese senza cercare di indebolire il testo, al fine di scongiurare il ripetersi di un nuovo scandalo dieselgate e di favorire della salute dei cittadini?”. Una domanda, quella posta ai nostri ministri, da leggere anche alla luce della procedura di infrazione che la Commissione ha avviato contro l’Italia per l’eccessiva concentrazione di biossido di azoto nell’aria delle maggiori città.