E’ incredibile che, in virtù di un rifiuto democratico, un gruppo di lavoratori venga additato come responsabile del fallimento di una compagnia dopo essere stato periodicamente chiamato ad accettare accordi al ribasso. E’ il caso di dipendenti Alitalia che hanno detto “no” all’accordo che prevede ulteriori tagli al personale e agli stipendi.
Figuriamoci se ci si disturba di accendere i riflettori su chi quell’impresa l’ha diretta sino ad oggi. Già, perché in Italia ogni volta che c’è da gestire politicamente una grande crisi aziendale l’obiettivo da raggiungere è quello della riduzione gli stipendi e dei diritti dei lavoratori, senza alcuna importante riflessione (cui dovrebbero seguire altrettante importanti azioni) sui problemi strutturali del nostro sistema economico e finanziario, nonché sulle responsabilità del management.
Da molti anni, ormai, non si fa altro che formulare accordi al ribasso che colpiscono il reddito da lavoro.
E’ il caso di ricordare che non sono di certo i lavoratori a dirigere una impresa, i dipendenti sono eterodiretti, quindi subiscono le scelte direttive altrui. Spetta all’imprenditore decidere come produrre profitto, e tal fine esercita il potere di direzione dell’impresa controbilanciato dall’assunzione del rischio sui risultati prodotti.
Chi ha guidato concretamente sino ad oggi la compagnia Alitalia? Cosa non ha funzionato nella gestione dell’impresa? Questo sembra non interessare al governo chiamato a gestire la crisi: la colpa è dei lavoratori che non hanno firmato l’accordo, punto. “Rammarico e sconcerto per l’esito del referendum… che mette a rischio il piano di ricapitalizzazione della compagnia”, hanno dichiarato congiuntamente il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
Pare di capire che per tali ministri la colpa delle grandi crisi della compagnia che si sono succedute negli ultimi anni – e gestite con la lunga mano della politica – non sono rilevanti per comprendere le attuali difficoltà. Chi se ne frega, poi, di tutte le rinunce dei lavoratori e dei tagli al personale realizzati per gestire i disastri precedenti che non posso di certo considerarsi risolti. Questo dovrebbe destare sconcerto, non certamente le proteste dei lavoratori.
I dipendenti Alitalia, così come altri prima di loro, hanno lanciato un forte allarme contro l’idea, tutta politica, che l’Italia possa continuare a restare a galla facendo cassa con i diritti dei lavoratori.