Il Regno Unito resterà nell’Unione Europea, alla Casa Bianca siede Hillary Clinton. E’ evidentemente questo il favoloso mondo di Emmanuel, quello in cui da lunedì vivono analisti, commentatori, operatori di borsa e mercati.
L’esultanza per il primo posto alle elezioni presidenziali francesi di Macron, “prodotto” dei Rothschild e confezionato per l’occasione da campagne mediatiche assolutamente efficaci, sembra aver fatto dimenticare in poche ore gli affanni in cui versa il Continente e, più in generale, la precarietà degli equilibri socioeconomici occidentali. E’ bastato un volto pulito, completamente inespressivo e – almeno ai miei occhi – incapace di provare un brivido di emozione, per dimenticarsi la polveriera sociale in cui l’Europa si è trasformata nell’ultimo decennio.
E’ un tipico esempio di dissonanza cognitiva collettiva (la stessa che assicurò a Renzi il 40% alle Europee, con gli esiti che conosciamo): non accettiamo cioè che le cose disattendano i nostri incontestabili principi, quindi rifugiamo sbigottimento e speranze nell’ennesima immagine plastificata capace di rassicurarci e, apparentemente, di rimuovere del problema.
Ma, come scrissi nel lontano 2012 in uno dei miei primi e più profetici post, “i popoli (categoria assolutamente “empirica” e che si farebbe bene a non snobbare) non staranno zitti a guardare una seconda volta. Il sanguinoso dualismo che si sta prospettando all’orizzonte non è più tra Destra e Sinistra – categorie sepolte dalla Storia e facenti oggi parte di un’unica poltiglia ideologica, unicamente finalizzata a preservarne gli illegittimi interessi accumulati sin qui – ma è tra nuove forme di localismo e un furioso progetto di pancontinentalismo mercantile che, senza alcun rispetto per le specificità territoriali, sta tentando di diluire la bandiera della Comunità nel solvente chimico dell’Economia”.
Ci ostiniamo ad applicare le categorie del passato ai nuovi (e immani) problemi del presente. Le ricette del “più Europa”, “più lavoro”, “più crescita” è paccottiglia ideologica per nostalgici impenitenti. Ma mi rendo conto che non sia facile, per chi è segregato in quelle che da sempre definisco come “prigioni di comfort”, immaginare qualcosa di diverso.
Se si vuole riconquistare la fiducia del popolo, le soluzioni devono essere diametralmente capovolte: meno Europa, meno lavoro, meno crescita. Le vacche grasse sono tutte morte. Accettiamolo. Tentare di defibrillarle con un Macron qualsiasi non fa altro che rimandare il problema, senza risolverlo e anzi amplificandolo. Prima ci renderemo conto di questo, prima riusciremo forse a voltare pagina senza troppi traumi.
L’alternativa che si sta prepotentemente affermando in tutto l’Occidente – ripeto – non è più tra le protocategorie di Destra e di Sinistra, ma tra un orientamento filoglobalista e uno filocomunitario. In questo senso, la start-up “En marche!” ci ha indubbiamente preso, emancipandosi da ogni etichetta del passato, e scegliendo evidentemente di intercettare le fasce di popolazione mediamente agiate che, credendo ancora nelle formule magiche del modello culturale a trazione neoliberista (e avendo certamente qualche orticello da difendere), promettono l’improbabile continuità con gli antichi fasti.
E’ quindi soprattutto a loro che dedico questa tabella (dall’ultimo Eurobarometer, novembre 2016). La domanda che viene posta è: in generale, l’Unione Europea ti trasmette un’immagine positiva (molto/abbastanza), negativa (molto/abbastanza) o neutra?
Ho lasciato i numeri della media europea e della Francia. Vi invito a soffermarvi su due dettagli.
Primo: rispetto al 25% della media europea, il 31% dei francesi risponde “negativa”. Secondo: mentre, tra la primavera e l’autunno del 2016, in tutta Europa i pareri negativi sono calati (-2%), la Francia è uno dei tre paesi (insieme a Svezia e Italia) in cui i pareri negativi sono invece aumentati (+2%). Intendentibus pauca.
Nonostante questo, Macron probabilmente vincerà (perché alla Casa Bianca siede la Clinton). Nonostante questo, le vacche non resusciteranno.