È stato fermato stamattina al termine di una perquisizione nella sua villa a Moncalieri per il pericolo che scappasse all’estero. Cipro, Bielorussia o Santo Domingo, queste le possibili destinazioni. Così Davide Vannoni, l’ex docente di psicologia promotore della terapia “Stamina” (mai riconosciuta dalla comunità scientifica e dal ministero della Salute) è stato fermato dai carabinieri del Nas (Nucleo antisofisticazione e salute) nel corso di un’inchiesta condotta dai militari coordinati dalla procura di Torino. Stando alle intercettazioni, la sua partenza all’estero sarebbe stata imminente. Le prime informazioni diffuse in mattinata avevano parlato di arresto per Vannoni, notizie poi smentite dal suo avvocato. L’ideatore di Stamina è indagato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e somministrazione di farmaci non conformi, il tutto aggravato dalla transnazionalità.
L’uomo – che il 18 marzo 2015 ha patteggiato una pena a un anno e dieci mesi per reati simili, cioè associazione a delinquere finalizzata alla truffa allo Stato e alla somministrazione di farmaci guasti – ha continuato a iniettare preparati a base di cellule staminali in una clinica della Georgia. Lì erano andate una cinquantina di persone aiutate dall’associazione Prostamina Life, presieduta da Rosalinda La Barbera (la cui abitazione è stata perquisita dai Nas di Palermo), organizzazione che secondo gli investigatori organizzava i viaggi nello Stato caucasico. Secondo quanto si è appreso da fonti investigative il costo per questo trattamento andava dai 18mila euro per tre infusioni ai 27mila per cinque iniezioni, a cui bisogna aggiungere cinquemila euro per l’iscrizione all’associazione. Ad aiutarlo in questa pratica sarebbe rimasto soltanto “un’esponente del vecchio giro”, la biologa Erica Molino, mentre tutti gli altri medici, infermieri e tecnici coinvolti nella vecchia indagine avevano smesso di seguire le attività di Stamina. In Georgia però Vannoni ha potuto continuare a somministrare le sue “posizioni” fino allo scorso dicembre, quando le autorità di Tblisi hanno bloccato la sua attività dopo i documenti inviati dal governo italiano. Oltre a Vannoni, Molino e La Barbera la procura indaga su altre quattro persone.
Negli ultimi giorni, da alcune conversazioni intercettate nel corso dell’inchiesta, sarebbe emersa la sua intenzione di andare a vivere e a lavorare all’estero: aveva creato rapporti e contatti a Cipro, in Bielorussia e Santo Domingo. Per questa ragione gli investigatori hanno ritenuto che ci fosse un pericolo di fuga. Una decisione improvvisa, arrivata negli ultimi giorni, presa anche perché la richiesta di custodia cautelare richiesta dal procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo e dal sostituto Alessandro Aghemo non era ancora stata accolta dal tribunale di Torino. Ora un gip dovrà valutare la convalida del fermo.
Già all’inizio della prima indagine, intorno al 2009, i carabinieri del Nas avevano proposto alla procura di chiedere la custodia cautelare di Vannoni, ma allora l’ex procuratore Raffaele Guariniello non l’aveva ritenuta necessaria.