Il primo dato da cui partire è la bocciatura del pessimo accordo che governo e management, entrambi decotti e fallimentari, volevano imporre alle lavoratrici e ai lavoratori dell’Alitalia. Anche in questo caso, come per il referendum costituzionale del 4 dicembre, si sono scatenati ricatti di ogni genere. Eppure, anche in quest’occasione la volontà della base è stata chiara. Lavoratrici e lavoratori non vogliono giustamente pagare per le colpe altrui. Il No quindi ha vinto, proprio come il 4 dicembre, sebbene in questo caso tutti i sindacati, con l’unica eccezione dell’Usb fossero a favore dell’approvazione del piano.
Su tali colpe sono stati scritti articoli e libri. Manca tuttavia ancora un accertamento dotato dei necessari crismi di ufficialità. In questo senso sarebbe opportuno che il Parlamento, non quello attuale dei nominati ma uno che sia veramente espressione del popolo italiano, nomini una Commissione d’inchiesta che proceda, a norma di Costituzione, con i poteri della magistratura ordinaria e consenta l’irrogazione delle necessarie sanzioni contro chi di dovere.
L’impunità, infatti, non riguarda solo la sfera dei crimini contro l’umanità e della violazione dei diritti umani, ma la lotta contro di essa deve estendersi anche ai fallimenti della politica e dell’economia. Un discorso questo oggi più che mai attuale, mentre i due principali colpevoli politici dell’attuale situazione della compagnia di bandiera, Renzi e Berlusconi, si accingono a stringere un patto di acciaio fra di loro in nome della continuità e dello sfascio permanente che hanno prodotto e alimentato negli ultimi anni.
Occorrerà quindi accertarne e precisarne le responsabilità. Così come occorrerà accertare e precisare le responsabilità dei manager, primo fra tutti Luca Cordero di Montezemolo, noto alle cronache più recenti per essere incluso nei Panama Papers ma rimanendo sempre benvoluto dall’attuale classe politica. E con lui gli altri manager che si accingono a prendere enormi liquidazioni dopo aver contribuito alla distruzione di una compagnia aerea che fino a qualche anno era un fiore all’occhiello per la nostra collettività nazionale.
Non è certamente moralmente possibile continuare a beneficare costoro e quindi le loro liquidazioni, di ammontare spropositato e sproporzionato, vanno immediatamente bloccate e fatte confluire in un fondo dedicato alla compagnia. La nazionalizzazione costituisce l’unica risposta possibile. Va ribadito il No nei confronti dei piani elettoralistici della nostra screditata classe politica, Renzi in testa, ma va detto No anche ai Cinquestelle che tradiscono sempre più spesso la loro vocazione neoliberista. Grillo & C. vorrebbero oggi spezzettare Alitalia per svenderla al migliore offerente, mentre Renzi & C. vogliono continuare alla giornata fino alle elezioni per continuare ad ingannare il popolo italiano e le lavoratrici e i lavoratori dell’Alitalia. E’ ora di dire basta alle false soluzioni che, da molti anni a questa parte, hanno preparato la situazione attuale. Ci vuole una nazionalizzazione definitiva e totale che renda possibile l’autogestione della compagnia aerea nazionale da parte della comunità dei lavoratori e delle lavoratrici.
Non ci sono i soldi? Non è vero. Le relative risorse finanziarie possono essere attinte alle spese militari. Certo, anche per questo occorre un governo differente dall’attuale, il cui capo, il pacifista pentito Gentiloni, si è appena andato a genuflettere da Trump cui ha promesso nuovi contributi finanziari per la guerra e per la Nato. D’altronde sono stati trovati i soldi per salvare Mps, un altro enorme scandalo che vede implicati lorsignori, stavolta in qualità di debitori. E’ davvero scandaloso che si trovino miliardi per la guerra o la finanza e non per salvare un’azienda importante e strategica in cui lavorano decine e decine di migliaia di persone. Politicanti vecchi e nuovi sono contro le lavoratrici e i lavoratori, questo è bene che si sappia e questo lo stanno capendo oramai tutti. La questione dell’Alitalia pone sul piatto il problema della direzione politica complessiva di questo Paese, che non può continuare ad essere affidata a un ceto politico e industriale incapace, ma neanche alle new entries a Cinquestelle la cui direzione, per bocca di Di Maio, appare oggi subalterna fino al midollo nei confronti del capitale privato e della sua ideologia mortifera.