Gli ex lavoratori della Svoa e della Somi impianti rischiano di dover restituire all’Inps da 20 mila fino a 80 mila euro, a seconda dei casi, compresa la famiglia di un ex dipendente deceduto. Dopo due sentenze positive per loro la Cassazione le ha annullate ma nel frattempo era intervenuto un accordo con l'ente previdenziale che ora se lo rimangia. Damiano (Commissione Lavoro): "Ferocia burocratica, bisogna intervenire"
Per circa cinque anni hanno ricevuto indennizzi dall’Inps per esposizione ad amianto ma ora l’ente ci ha ripensato e li rivuole indietro. La storia di venti ex dipendenti di due aziende di Vasto (quattro sono già deceduti per mesotelioma) è arrivata perfino in Commissione lavoro alla Camera il cui presidente, Cesare Damiano, ha descritto la vicenda come un “caso di vera e propria ferocia burocratica che è necessario affrontare”. Ma gli ex lavoratori della Svoa e della Somi impianti rischiano ancora di dover restituire all’Inps da 20 mila fino a 80 mila euro, a seconda dei casi, compresa la famiglia di un ex dipendente deceduto. In totale i soldi da restituire superano quota 600 mila.
“Nel 2003 è iniziato il calvario in tribunale per gli ex dipendenti. In primo grado e in appello – spiega Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto – i lavoratori hanno ottenuto una sentenza positiva e l’Inps ha anche accolto nel 2008 le domande per le maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto. Ma nel contempo ha anche impugnato il verdetto in Cassazione che nel 2012 ha annullato la sentenza senza rinvio in Appello. C’è stato un lungo periodo di trattativa tra le parti – prosegue Bonanni – ed ora gli ex lavoratori vittime dell’amianto subiscono questa richiesta. Una richiesta a mio avviso illegittima perché hanno ottenuto dei provvedimenti amministrativi favorevoli da parte dell’ente, applicati anche per il periodo successivo alla sentenza di Cassazione, ed ora, non si capisce perché, le somme vengono richieste indietro. Questi importi sono stati pagati in seguito a un provvedimento amministrativo, non in seguito alle sentenze”.
Una decisione che appare inspiegabile anche alla luce dell’ultima finanziaria approvata. “Dopo aver presentato una risoluzione in Commissione lavoro sulla vicenda – racconta Antonio Boccuzzi, deputato Pd – nella quale chiediamo all’Inps di desistere da tale proposito, è stato anche approvato un emendamento in finanziaria che sostanzialmente permette il pensionamento anticipato per coloro che sono riconosciuti affetti da mesotelioma, tumore polmonare e asbestosi, cioè tutte quelle malattie riconducibili all’esposizione all’amianto”.
“La richiesta dell’Inps mi sembra assurda – rimarca Cesare Damiano, presidente della Commissione lavoro – oltre che contraddittoria rispetto all’emendamento approvato in finanziaria. Stiamo parlando di persone ammalatesi o morte per amianto alle quali è stata già riconosciuta la concausa lavoro-malattia per esposizione alla fibra killer”. “Sembra un paradosso tutto italiano. Da un lato, infatti – conclude Bonanni che ha anche presentato un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo – c’è il riconoscimento dell’esposizione alla fibra killer, anche attraverso quanto ricostruito dagli specialisti, dall’altro, invece, i funzionari dell’Inps continuano ad impugnare tutte le sentenze che confermano l’esposizione dei lavoratori, allungando enormemente i tempi per l’eventuale chiusura delle pratiche di concessione dei contributi previdenziali”. Il Fatto Quotidiano ha chiesto dei chiarimenti all’Inps ma non ha ottenuto risposta.