“Assolto perché il fatto non costituisce reato”.Il Tribunale di Imperia ha respinto la richiesta di 3 anni e 4 mesi di reclusione e 50mila euro di multa per Felix Croft, ventottenne di Nizza, accusato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e mosso da motivazioni umanitarie”. Il giovane francese aveva incontrato la famiglia, composta da una donna incinta con il marito, i figli di 5 e 2 anni e il fratello, mentre svolgeva attività di volontariato a Ventimiglia. Il giovane aveva tentato di accompagnare in Francia una famiglia di sudanesi provenienti dall’area del Darfur, dichiarando fin da subito di averlo fatto “gratuitamente”. Era il 22 luglio 2016. In quel periodo di emergenza, con centinaia di migranti bloccati al confine e costretti a dormire in strada, il giovane francese si recava frequentemente come volontario a Ventimiglia. La condizione di particolare fragilità in cui versava quel nucleo familiare lo aveva portato alla decisione di aiutarli a raggiungere la Francia offrendogli un passaggio, per poi essere fermato e arrestato al casello di Ventimiglia da una volante dei Carabinieri. Come nelle prime fasi del processo, anche oggi, di fronte al tribunale e in aula ad attendere la sentenza si è ritrovato un centinaio di persone, italiani e francesi che contestano i “reati di solidarietà”, ovvero tutte quelle accuse che limitano o disincentivano l’impegno diretto in sostegno delle persone in viaggio, dalla distribuzione di cibo, all’ospitalità e il sostegno legale e sanitario, fino all’accompagnamento a chiedere asilo oltre frontiera. “Spero che questo sia il primo passo per un nuova modalità di azione per difendere i diritti umani e dei rifugiati che arrivano in Europa – ha dichiarato Felix Croft ai microfoni de ilfattoquotidiano.it – Se non senti la solidarietà come obiettivo centrale nella vita non sei umano, non possiamo vivere senza aiutarci gli uni gli altri, noi non esisteremmo senza chi ci sta vicino. Un sollievo enorme per me, ma anche un messaggio molto forte per la speranza per tutti i migranti. Continuo a credere che quello che ho fatto sia del tutto normale. Fino a quando gli stati non si prenderanno cura di queste persone, è un dovere continuare ad aiutarle”.