Premessa: l’unica soluzione che abbia un senso sono i corridoi umanitari. Il progetto-pilota, realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e la Tavola Valdese, completamente autofinanziato, ha portato in Italia negli ultimi mesi quasi 800 persone. Senza scafisti che ci lucrano sopra, senza carrette di mare che rischiano di affondare, senza disperazione.
Seconda premessa: se qualcuno, sia essa una persona o una Ong, smezza i guadagni con gli scafisti, ebbene la magistratura intervenga, reprima e condanni in modo esemplare chi ha lucrato sulla pelle dei disperati.
Poste queste necessarie premesse, partiamo da un assunto: se per qualcuno la vita umana è addirittura sacra, certamente e indiscutibilmente è cosa di straordinario valore e di immensa importanza. Talmente importante che per salvare una vita umana è giusto fare qualsiasi cosa. Lo sarebbe anche se si trattasse di una vita “colpevole” di qualche reato, figuriamoci se si tratta di una vita innocente: una vita di donna, di uomo, di bambino che si porta appresso il carico di disperazione e di tragedia che ha costretto alla scelta difficile e devastante di scappare. Lasciare i propri amori, le famiglie, la propria terra, la propria casa portandosi appresso appena un cambio d’abito e tanta angoscia per un futuro che certamente non sarà roseo ma solo meno pericoloso di quello cui si sono voltate a malincuore le spalle.
Quindi ben vengano le telefonate tra le navi che incrociano il Mediterraneo e le carrette del mare, i gommoni bucati. Ben vengano anche se queste telefonate partono dagli scafisti. Perché queste sì che sono le telefonate che salvano la vita: se non ci fossero forse si metterebbero in mare tre o quattro gommoni di meno, ma certamente i morti in più sarebbero centinaia.
Mi piacerebbe che questa scelta – se fosse reale – fosse anche rivendicata a fronte dell’ottusità con cui l’Europa continua a far finta di non affacciarsi non più su un mare ma su un immenso cimitero. E rivendicata soprattutto a fronte dell’ottusità con cui questa Europa invece di aprire utili canali umanitari erge inutili e mortali muri e barriere. Forse non dalle Ong che nel Mediterraneo lavorano, perché sappiamo quanto sarebbe per loro rischioso. Ma certamente dalle grandi organizzazioni che in Italia e in Europa si occupano di migrazioni e di migranti.
È impressionante il carico di ipocrisia che sta accompagnando le polemiche di questi giorni, aperte dalle improvvide e insensate dichiarazioni dell’ennesimo magistrato che parla a sproposito: al solito, c’è una scala di valori sulla sacralità della vita, e sembra proprio che quella di un feto bianco valga assai più di quella di un bambino, di un uomo o di una donna siriana, centrafricana o somala.
Impressionane perché in questi stessi giorni scopriamo che crescono vertiginosamente le autorizzazioni all’export militate italiano: 14,6 miliardi di euro (+85% rispetto al 2015, +452% rispetto al 2014). Armi che vengono vendute a Kuwait, Arabia Saudita, Turchia, Qatar, Usa. Tutti Stati che notoriamente contribuiscono alla pace nel mondo. Il minimo che l’Italia, e l’Europa che quanto a produzione di armi non è da meno, dovrebbero fare a fronte di questi spropositati numeri di morte è affittare traghetti per fare la spola tra sud e nord del Mediterraneo, per salvare i civili che le nostre guerre colpiscono.
E invece ci ritroviamo un Minniti che (con Orlando) punisce chi rende meno decorose le nostre strade mettendo in mostra le nostre colpe.