Matteo Alberici, 24enne nato a Milano ma vissuto a Loano in provincia di Savona, da un anno è manager licencee di un pub. Partito con un biglietto di sola andata per l’Australia, dopo vari lavori ha trovato l’occasione che cercava: “Sono felicissimo, se dimostri di valere qui trovi tutte le porte aperte”
“Sono arrivato in un paese straniero masticando poco l’inglese e ora, dopo tre anni, ho la responsabilità di cinque manager e molti di dipendenti. Difficilmente in Italia occuperei lo stesso posto alla mia età”. Parla chiaro Matteo Alberici, classe 1992, originario di Loano in provincia di Savona. Diplomato al liceo nautico, ora è capo manager in una catena di pub a Sydney. “In Italia dopo gli studi ho trovato un lavoro part-time in un supermercato – racconta – ma sentivo che difficilmente avrei avuto possibilità di crescita lavorativa”. Possibilità che invece sembra aver colto dall’altra parte del mondo. “Ho conosciuto il mio attuale datore di lavoro alla fine del mio secondo anno qui in Australia – afferma –, mi ha sponsorizzato per rimanere e in un anno sono passato da cameriere a gestire l’intera struttura”.
La strada non è stata certo in discesa. Dal suo arrivo a Sydney e dopo l’anno in una farm è stato lavapiatti, cameriere in un ristorante italiano “perché il mio inglese era scarso e ho dovuto frequentare una scuola di lingua”, custode di cavalli da corsa in un allevamento fuori Canberra, la capitale. “Questo è stato il mio primo contratto effettivo quando prima venivo pagato in contanti – ricorda – un’esperienza magnifica a contatto con la natura. Molti nostri connazionali raccontano del duro lavoro nelle farm e posso confermare che è così. Io sono stato fortunato”.
Un’esperienza, quest’ultima, che gli sarà decisiva dato che al suo ritorno a Sydney, dopo alcuni mesi passati nella sua Loano, arriva l’offerta di lavoro che gli aprirà le porte per l’attuale occupazione. “È stato il fratello del mio boss nella farm a propormi di lavorare in questo pub – conferma –, in pochi mesi sono diventato manager e quando il licensee (capo manager, ndr) della struttura è andato via mi hanno offerto di formarmi per prendere il suo posto”. Una crescita lavorativa ed economica che per Matteo è stato un cambio di vita netto. “Credo che la differenza con il nostro paese sia la meritocrazia: qui conoscono il significato di questa parola e se dimostri di lavorare sodo hai davvero delle opportunità”. Opportunità che in Italia Matteo non ha trovato al suo ritorno. “Non ho abbandonato subito l’idea di trovare lavoro nel mio Paese – continua – ma quando sono rientrato, con la speranza che le abilità acquisite potessero aiutarmi, ho spedito curriculum senza ricevere mai risposta: il nostro paese non investe più sui giovani”.
Vivere così lontano da casa non è certamente semplice. “Mi mancano la famiglia e i miei amici – confessa – ma sono felicissimo del mio lavoro: me lo sono conquistato”. La società australiana, però, non è come quella italiana: “C’è molta diffidenza verso gli stranieri, il mio capo per esempio non aveva mai sponsorizzato un lavoratore estero – afferma – e la loro immigrazione restrittiva parla da sola; ma devo dire che anche quando facevo il cameriere guadagnavo tre volte quello che avrei guadagnato in Italia. E qui si pagano meno tasse rispetto all’Italia”. Ora Matteo può pensare al futuro. “Lavoro molto certo, ed ho orari serrati, ma a gennaio mi sono potuto permettere un viaggio di tre settimane negli Stati Uniti e ho la forza economica per pensare a progetti a lungo termine”. E l’ipotesi di un ritorno in Italia, se non improbabile, è quanto meno lontana. “Temo che perderemo una generazione nel nostro paese: per ora no, qui sono felice e ho la possibilità di costruire il mio futuro”.