Se non fosse drammatica, la notizia sarebbe solo grottesca: l’Arabia Saudita è entrata nella commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne.

La Commissione è un organismo intergovernativo, composto da 45 rappresentanti di stati membri delle Nazioni Unite che rimangono in carica per quattro anni. Tra i suoi compiti, promuovere l’uguaglianza di genere e migliorare la condizione sociale delle donne.

Non è proprio il posto giusto, insomma, per un paese in cui le donne sono sistematicamente discriminate e in cui – oltre al noto fatto che non possono guidare – sono poste sotto la tutela di un “guardiano” (il marito o un familiare) che prende tutte le decisioni riguardanti il lavoro, lo studio, il viaggio, il matrimonio e persino le cure mediche.

Il voto è stato segreto, ma per raggiungere il quorum necessario all’elezione, la candidatura dell’Arabia Saudita dovrebbe essere stata sostenuta anche fuori dal circolo dei paesi islamici o di quelli che beneficiano di lauti aiuti allo sviluppo da parte della monarchia del Golfo. Sarebbe interessante sapere se e quanti paesi dell’Unione europea l’abbiano appoggiata.

L’Arabia Saudita conferma di avere un enorme peso a livello internazionale. Va ricordato che lo scorso ottobre, nonostante ne fosse stata sollecitata la sospensione, è stata rieletta per un altro mandato nel consiglio Onu dei diritti umani, organismo all’interno del quale le è stato già assegnato il compito di nominare gli esperti sulle varie violazioni.

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