Lo studio, finanziato da Google, sostiene che le bufale e la disinformazione online non sono pericolose come tutti sostengono perché "affogate" in una pluralità di fonti. L'Italia, tra i paesi esaminati, è quella con la maggiore propensione alla ricerca online
Le fake news? Meno pericolose di quanto si possa pensare, perché non influenzano in modo così determinante le opinioni politiche degli utenti che, maneggiando notizie diverse su media diversi, possono costruirsi un punto di vista più aderente ai fatti. È questa la tesi contenuta in una ricerca della Michigan State University e di Oxford che va in senso opposto alla discussione fino ad ora in atto sul tema. Solo pochi mesi fa il parere di alcuni analisti sul peso che le “bufale” circolate online hanno avuto nella vittoria di Trump hanno scatenato polemiche e anche fatto prendere contromisure ai big della tecnologia come Facebook. E il dibattito si è acceso anche in Italia.
“È esagerato pensare che la ricerca online crei dei filtri in cui un algoritmo indovina quali informazioni un utente desidera. Gli utenti maneggiano informazioni diverse per formare un loro punto di vista. Questo dovrebbe rendere meno allarmisti”, spiega lo studio, commissionato e finanziato da Google. È stato condotto su 14mila utenti di sette nazioni tra cui l’Italia oltre a Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Polonia, Germania e Spagna. Agli utenti è stato chiesto come usano la ricerca online, i social media e altre piattaforme per informarsi su candidati, temi politici e per partecipare al processo democratico.
Secondo l’indagine, più del 50 per cento degli utenti spiega di aver usato “spesso” o “molto spesso” i motori di ricerca per verificare dei fatti e che la disinformazione può a volte ingannare, ma l’80 per cento resta abbastanza scettico sulle informazioni trovate online. E c’è anche un altro dato: mediamente ogni utente consulta 4,5 diversi media per formare il proprio punto di vista. In particolare chi è interessato alla politica consulta 2,4 fonti offline e 2,1 online, mentre il 72 per cento dice che ad influenzare il voto sono le discussioni politiche con amici e familiari. Inoltre, il 36 per cento degli intervistati legge opinioni con cui non è d’accordo e meno del 20 per cento dice di aver bloccato o tolto l’amicizia a persone con cui non era in sintonia politicamente.
Lo studio, infine, evidenzia schemi diversi di utilizzo dei media da parte dei paesi presi in esame. Per esempio, negli Stati Uniti sono onnivori a livello mediatico ma non cercano molte notizie di politica. In Francia, Germania e nel Regno Unito gli utenti utilizzano meno i motori di ricerca e si affidano più a media tradizionali. In Italia, invece, oltre il 50 per cento degli utenti interpellati mostra un’alta propensione per la ricerca online sia riguardo informazioni nuove sia per verificare notizie sbagliate, al pari di Spagna e Polonia e più degli altri paesi compresi nella ricerca. Inoltre lo studio conferma che in Italia resta alta l’influenza della tv nella formazione delle opinioni politiche.