Il numero di rifugiati e migranti bloccati fra Grecia, Bulgaria e Ungheria continua ad aumentare, e per un terzo si tratta di bambini. Il 60% in più solo nell’ultimo anno, passando dai 47.000 di marzo 2016 ai 75 – 80.000 alla fine di aprile. E’ la denuncia dell’Unicef, che lancia l’allarme sul trauma che subiscono i bambini separati dalle loro famiglie: la maggior parte di queste persone non sa se e quando riuscirà a proseguire il loro viaggio per arrivare nei Paesi di destinazione e riunirsi ai parenti. “Gli Stati Membri dell’Unione devono considerare prioritario alleggerire i nodi procedurali in modo che le famiglie possano riunirsi prima possibile” ha detto Afshan Khan, direttore regionale e coordinatore speciale per la Crisi rifugiati e migranti in Europa dell’Unicef: “Tenere le famiglie insieme è il modo migliore per assicurare che i bambini siano protetti”.

Spesso infatti sono gli uomini adulti a intraprendere per primi il viaggio verso l’Europa, mentre il resto della famiglia li segue dopo, quindi la situazione è particolarmente delicata per le madri sole e i 24.000 bambini che rimangono fra la penisola ellenica e i Balcani. Con la chiusura dei confini nel 2016 e l’implementazione della Dichiarazione Ue-Turchia, gli altri membri delle famiglie vengono trattenuti nei Paesi di transito, dove devono presentare richiesta per la riunificazione familiare. Per la maggior parte queste richieste arrivano proprio dai bambini: nel 2016 alla Grecia ne sono state presentate 700 presentate da minori soli e non accompagnati. I tempi del procedimento possono essere molto lunghi, visto che sono coinvolti almeno due Stati membri dell’Unione: in media, servono tra i 10 mesi e i 2 anni di tempo. Nel 2016, di circa 5.000 richieste di riunificazione familiare, solo 1.107 hanno avuto esito positivo, permettendo ai richiedenti asilo di raggiungere il loro Paese di destinazione entro la fine dell’anno.

 

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