A pochi giorni dall’elezione nella Commissione per i diritti delle donne, l’organismo Onu più impegnato nella lotta per l’uguaglianza di genere, l’Arabia Saudita ha deciso di eliminare alcuni ambiti in cui per le donne è richiesto il ‘tutoraggio’ maschile. Gli avanzamenti, in realtà, sono pochi e prevedono che le donne non debbano più disporre del permesso del loro ‘guardiano maschio‘ per ottenere servizi o sbrigare pratiche amministrative. Sempre quando nella legge islamica non ci sia un “precedente legale” che lo impedisca. Ma per ottenere il passaporto o per andare all’estero le donne – che a Riyad hanno votato per la prima volta nel 2015 – avranno ancora bisogno di un uomo che glielo consenta. Il decreto è stato emesso in coincidenza con la visita nel regno del relatore speciale delle Nazioni unite per i diritti umani e per la lotta contro il terrorismo, Ben Emmerson, che ha incontrato funzionari governativi e difensori delle libertà civili.
Il decreto sul tutoraggio è stato firmato dal re Salman Bin Abdulaziz e prevede tre mesi di tempo perché gli organi statali rivedano le relative norme. Il sovrano chiede inoltre che le amministrazioni facilitino i trasporti per le funzionarie statali e che lo stesso facciano le imprese private per le loro dipendenti visto che l’Arabia Saudita è l’unico paese al mondo che vieta alle donne di guidare. L’applicazione del decreto potrebbe avere effetto positivo sulla condizione femminile nel Paese, ma gli attivisti ritengono che il linguaggio ambiguo utilizzato dal testo potrebbe anche portare a una interpretazione ancora più rigida. Secondo le prime analisi, continuerà a essere obbligatorio per le donne avere il permesso del ‘guardiano maschio’.
Negli ultimi anni, le donne saudite si sono mobilitate sui social network e hanno chiesto che sia messe fine al sistema di ‘tutoraggio’, così come hanno rivendicato la revoca di vari divieti tra cui quella di guidare (non revocato). Le pressioni interne ed esterne hanno spinto l’Arabia Saudita a permettere nel 2013 alle donne di far parte dell’organo consultivo del Consiglio della Shura e nel 2015 a permettere loro di votare e di presentarsi alle elezioni municipali, per la prima volta nella storia del Paese.