Pauline Schmidt, portavoce di Jugend Rettet: "Mai avuto contatti con i trafficanti". Ruben Neugebauer, di Sea Watch: "La Guardia costiera italiana fa tutto il possibile per salvare le persone, le missioni dell'Ue no". E sui finanziatori: "La legge sulla protezione dei dati impedisce di pubblicare i nomi dei donatori senza il loro consenso, ma se un’autorità giudiziaria dovesse richiederli li otterrebbe facilmente"
“Non abbiamo mai avuto contatti con i trafficanti e piuttosto che indagare su di noi bisognerebbe chiedersi perché Frontex e la missione Sophia non svolgono il proprio lavoro”. È questa la risposta delle Ong tedesche che operano nel mediterraneo, See Watch, Sea Eye e Jugend Rettet, alle accuse che gli sono state rivolte in merito ai presunti contatti con gli scafisti e ai finanziamenti ricevuti. “È assurdo pensare che i trafficanti possano finanziare le Ong se addirittura non caricano i barconi con abbastanza carburante”, dice a IlFattoQuotidiano.it Hans Peter Buschheur, portavoce della piccola associazione Sea Eye, che lavora in acque internazionali tra l’isola di Malta, la Sicilia e la Libia e ha sede a Ratisbona.
Le accuse a Frontex – Di accuse non vuole sentir parlare nemmeno Ruben Neugebauer, portavoce di Sea Watch, perché a suo parere le Ong stanno supplendo al lavoro che Frontex e Sophia non svolgono in maniera adeguata. “Frontex e Mission Sophia fanno salvataggi solo se sono obbligati, mentre la Guardia costiera italiana fa tutto il possibile per salvare le persone. Un esempio – dice – è quando nel fine settimana di Pasqua con l’aereo abbiamo avvistato una barca a 67 miglia nautiche a nord dalla costa libica ed è stata salvata solo dopo moltissime ore. Avrebbero potuto salvarla prima, in quanto conoscevano la posizione. In quel caso gli italiani erano già impegnati in altre missioni e Frontex e Sophia sono intervenute solo perché erano in obbligo e inviando solo una nave ciascuno. Noi non facciamo salvataggi, ma avvistamenti”. Il risultato è stato che il salvataggio è ricaduto su alcune navi militari e commerciali con l’aiuto di alcune associazioni non governative. “Sembra quasi – continua Neugebauer – che si volessero far affogare i migranti per creare un deterrente”, lasciando intendere che questo evento possa essere collegato alle accuse di collaborazioni con gli scafisti alle Ong, che “sarebbero diventate un problema” in quanto svolgono il lavoro al posto delle guardia di frontiera europea.
I finanziamenti e le accuse di Zuccaro – L’onorevole Nicola Latorre (PD) ha dichiarato che la Commissione difesa si starebbe concentrando sui finanziamenti alle Ong e si è detto preoccupato perché tre di queste, ossia le tre tedesche, non avrebbero accettato l’invito a comparire almeno secondo quanto riportato dal quotidiano La Verità. Su questo tema se proprio si volesse indagare sarebbe piuttosto facile farlo. In Germania “le Ong sono delle Verhein, associazioni con scopi sociali che possono beneficiare di alcuni privilegi, come l’esenzione dalle tasse, in quanto è riconosciuta la funzione sociale svolto” e di conseguenza ogni anno queste associazioni devono “presentare un bilancio che comprende tutti i finanziatori con cifre e nomi per mantenere questi vantaggi”, sostiene Neugebauer.
Per quanto riguarda le accuse di Carmelo Zuccaro, il procuratore di Catania, “egli non ha chiesto né a noi né allo Stato tedesco, e lo potrebbe fare perché siamo in Europa – continua Neugebauer – sta solo facendo accuse, potrebbe andare al dipartimento delle tasse tedesco e chiedere i nostri documenti”. Questa è la linea di tutte e tre le associazioni tedesche che si sentono vittime di una campagna di discredito che, loro dire, si sta giocando sulla pelle dei migranti. Se infatti per Sea Eye quella di Zuccaro è “politica”, la portavoce di Jugend Rettet Pauline Schmidt sostiene che il problema delle accuse del procuratore è che “delegittimano le Ong. Grazie a noi le persone non muoiono più. Il problema non è che noi aiutiamo chi rischia di morire in mare, ma che l’Ue non li aiuta. Ovviamente non siamo in contatto con i trafficanti di uomini, bisogna capire che per noi è difficile addirittura parlare con le nostre navi”.
L’invito in commissione – Che in Commissione Difesa queste associazioni non siano andate è vero. Sea Eye si è presentata alla commissione Schengen il 12 aprile. Sea Watch ha dichiarato che è stata inviata una mail all’indirizzo della barca e non si capiva bene quale fosse la motivazione della convocazione. “Abbiamo risposto per chiedere maggiori informazioni, ma non abbiamo ricevuto risposta. Al momento siamo in contatto con i parlamentari Laura Ravetto e Francesco Petricone e siamo favorevoli a presentarci a patto che ci dicano cosa vogliono”, dice Neugebauer. Lo stesso è successo a Jugend Rettet che non ha ricevuto nessuna lettera cartacea ma solo una mail sull’indirizzo generico. “Ce ne siamo accorti dopo molte settimane e abbiamo fatto fatica a capire se fosse reale. Appena riconosciuta, Lena Waldhoff, una delle fondatrici, ha chiesto maggiori informazioni sul meeting, il motivo per cui eravamo stati contattati e di che cosa si trattasse, ma non abbiamo ricevuto risposta”.
Sea Watch – Come le altre due Ong, Sea Watch è un soggetto di diritto e un’organizzazione piuttosto giovane, fondata nel 2015. Fanno parte della sua flotta 2 pescherecci “riconvertiti” e un aereo da ricognizione che operano nel mar mediterraneo su terre internazionali. IlFattoQuotidiano.it ha avuto la possibilità di vedere il bilancio dell’Ong, dove vengono riportati i dati di tutti i donatori. “La legge tedesca sulla protezione dei dati impedisce di pubblicare i nomi senza il consenso dei donatori, ma se un’autorità giudiziaria dovesse richiederla la otterrebbe facilmente”, sostiene Neugebauer mostrando i dati del 2016 dove si possono notare 1.769.758,10 di euro donati da 6.323 individui. Di questi, 828.786,45 € provengono da 56 cosiddetti “grandi finanziatori”, ovvero coloro che contribuiscono con un quota che va da 5.000 a 75.000€. Tra questi spiccano 75.000€ da parte di un’azienda software tedesca, 20.000€ dall’eredità di un’attrice svizzera e 50.000€ da un drammaturgo di Weimar. Il 95% delle donazioni provengono dalla Germania e il restante 5% dall’Ue ad esclusione di Usa, Australia, Messico e Ucraina.
Sea Eye – Sea Eye è anch’essa un’entità relativamente giovane. Ha un sistema di finanziamento basato sulle micro-donazioni che si aggirano tra i 20 e i 60€. Le 16 missioni del 2016 sono costate 250.000 euro, in totale circa 220 giorni in mare. L’associazione ha salvato fino al 29 aprile 7636 migranti, aiutando la Marina militare e la Guardia costiera nell’individuazione di barche cariche di migranti in acque internazionali. In seguito alle critiche ricevute il loro portavoce tiene a specificare che non hanno mai avuto contatti con gli scafisti e che “una teoria del complotto assurda e antisemita è l’affermazione che saremmo finanziati da George Soros. La nostra associazione è alimentata esclusivamente dalle piccole donazioni di circa 1.500 persone provenienti da tutta la Germania”.
Jugend Rettet – L’associazione nasce dall’idea di alcuni giovani tedeschi che si finanziano attraverso il crowdfunding sulla piattaforma Betterplace. Fondata nel 2015, l’Ong possiede una barca di nome IUVENTA che solca le acque internazionali a Nord della Libia. L’associazione dichiara di finanziarsi “con micro-donazioni e attraverso una rete di ambasciatori che costruiscono un rapporto di fiducia con i donatori.” L’esempio riportato da Pauline Schmidt è un negozio di profumi di Colonia che ha regalato tutti i soldi delle mance di Natale. “Inoltre – continua Schmidt – riceviamo dagli sponsor prodotti che non si possono più vendere o che vanno rimessi in sesto.” Come per le altre due associazioni tedesche, Jugend Rettet dichiara di non ricevere da nessuno dei suoi donatori più del 10% dell’intero budget”.