La Francia di Parigi, diversa dalle altre mille che esistono tra banlieue e campagne, accoglie il neopresidente cantando la Marsigliese. Il pupillo del sistema si è mangiato i suoi stessi padri e ora tutti confidano succederà qualcosa. I problemi però, ne sono tutti consapevoli, iniziano da lunedì mattina quando Macron siederà davvero sulla poltrona più importante. Ecco le storie, le speranze, gli auspici di chi ha accolto Macron per "l'incoronazione" davanti al Louvre
La maestosa piazza del Carrousel del Louvre ascolta imperturbabile i cori da stadio, mentre le casse che pompano musica da discoteca quasi coprono la famosa piramide in vetro. “Macron président, Macron président”. Quando sul maxi schermo compaiono i risultati, la folla si mette a sventolare le bandiere e Parigi tira un sospiro di sollievo: ha vinto Emmanuel Macron, ha perso l’estrema destra di Marine Le Pen. “Questa è la vera Francia”, grida lo speaker dal palco. “Siete fieri?”. “Sii”, risponde in coro la piazza facendo la sua professione di fede prima di tornare composta ad applaudire l’intervento del neo-presidente. Lui arriva sotto le note dell’Inno alla gioia, in onore dell’Europa, con una camminata studiata nei dettagli che dura parecchi minuti. “Finalmente un giovane, l’aria nuova, la nostra speranza”, commenta Marie, dipendente di banca poco più che 60enne. “E’ il nostro Matteo Renzi che spazzerà via la vecchia politica per lasciar spazio ai giovani”. Il pupillo del sistema si è mangiato i suoi stessi padri e ora tutti confidano succederà qualcosa. In diretta tv compare l’ex ministra del Ps Ségolène Royale, sua grande supporter, e questo dice molto sul fatto che non tutto è così nuovo come sembra. Jean-Claude, 73 anni e, dice, un “lungo passato di elettore gollista”, si scalda: “Macron, ne fais pas le con” (non fare lo stupido ndr). Qualcuno lo guarda storto e allora si spiega meglio: “Iniziano ora le difficoltà, il presidente ha fatto molte promesse e non può deludere i suoi elettori. La prima urgenza è riuscire a riunificare il Paese. Siamo spaccati ed è inaccettabile”. Meriam ha 24 anni, è di origini algerine, ma è nata e vive a Parigi dove fa studi di commercio. E’ di fede musulmana ed è uscita di casa mettendosi la bandiera tricolore al posto del velo. “C’è una Francia razzista”, dice mentre lascia che le persone la fotografino come se fosse un simbolo. “lo lo vivo ogni giorno sulla mia pelle, negli sguardi in metropolitana della gente e nelle discriminazioni ogni volta che mi chiedono di mostrare il capo. Macron dimostra che c’è un’altra Francia che non è quella del Front National”.
La Francia di Parigi, diversa dalle altre mille che esistono tra banlieue e campagne, accoglie il neopresidente cantando la Marsigliese e subito dopo ballando al suono di musica da discoteca. Il neo-eletto si presenta alzando le mani e ringraziando: “Tutti ci dicevano che era impossibile, ma non conoscevano la Francia”. Quindi le parole per chi è andato a votarlo al secondo turno: “So che alcuni hanno scelto me pur non credendo nelle mie idee, ma per difendere la Repubblica, e io lo farò con loro”. E quindi agli elettori del Front National: “Farò di tutto perché non abbiano più alcuna ragione per votare gli estremi”. Sono passati 5 anni da quando i francesi acclamarono François Hollande ai piedi della Bastiglia e sembrava la festa dei lavoratori di un primo maggio qualsiasi. Oggi quei militanti hanno un’altra storia e altre priorità in testa. Christian ha 36 anni, fa l’ingegnere per un gruppo internazionale ed ha la doppia nazionalità francese e tedesca: “In Germania Macron è già una star: sono tutti pronti a lavorare con lui e Angela Merkel credo sia davvero soddisfatta di questo cambio. Lui è l’ultima chance per la mia generazione, quella che i partiti tradizionali hanno sprecato. I giovani, i miei coetanei, non credono più nella politica”. I problemi però, ne sono tutti consapevoli, iniziano da lunedì mattina quando Macron siederà davvero sulla poltrona più importante: “Deve trovare una soluzione alla disoccupazione che inginocchia il Paese”, conclude Christian. “Ha in testa una riforma del lavoro che va verso una maggiore flessibilità e che, secondo me, è davvero la soluzione. Cercherà di equilibrare con tutele per i lavoratori, ma la cosa più urgente è dare più libertà agli imprenditore schiacciati dal peso delle tasse e della burocrazia. Ce la farà? E’ un equilibrista”.
Ad ascoltarlo con le magliette di En Marche! indossate sopra i maglioni ci sono tanti della classe di Macron. Quasi quarantenni che nel sistema, loro, ancora non sono riusciti ad entrare. Abdel ad esempio, ha 37 anni e due specializzazioni in due delle scuole più prestigiose della Francia: Sciences Po e la Sorbona. “Ho appena fatto un colloquio per lavorare al ministero del Lavoro”, dice incrociando le dita. “Ma parlando con i miei selezionatori ho avuto l’impressione che qualcosa si muove anche dentro il mondo dei funzionari pubblici. Forse c’è uno spiraglio anche per noi, quelli che sono sempre stati esclusi dal mondo delle élite”. E il lavoro sarà la sua più grande sfida: “Deve riuscire a conciliare pragamtismo con tutela sociale. E’ vero che il nostro codice è molto pesante, ma deve pensare anche alla protezione dei più deboli”. Secondo Abdel, francese ma di origini marocchine, il primo obiettivo è quello di riconciliare la nazione: “Siamo come divisi in fazioni e in guerra continua. Basta vedere il risultato del primo turno. Io spero davvero che lui, con spirito repubblicano, si rivolga a tutti. Perché non possiamo più accettare una Le Pen al secondo turno. Che figura facciamo a livello internazionale?”.
La festa della Repubblica unisce per tradizione famiglie e adolescenti che escono nelle strade per rendere omaggio al nuovo presidente. Oggi, forse più che altre volte, i diciottenni occupano la scena. Diego ad esempio, doppia nazionalità costaricana e francese, è appena diventato maggiorenne ed è al primo voto: “Io mi sento più di sinistra, ma credo che l’importante oggi fosse non trovarsi al potere l’estrema destra. Crediamo tutti nell’Europa e finalmente abbiamo trovato un politico che ha il coraggio di dirlo per combattere il populismo. Non potevo crederci che saremmo diventati i nuovi Stati uniti con il nostro Trump”. Diego, batte i denti pur di non mettere la giacca e coprire la sua maglietta di “En Marche!” di colore giallo. E’ tra i più giovani, ma parla come se avesse già vissuto decine di presidenze. “Ho capito che sono necessari interventi radicali per far ripartire l’impiego. Ma ci sarà una grande opposizione nel Paese e a volte ho paura che non funzionerà. E se non fosse così? Spero che Macron si ricordi che la Francia è prima di tutto un Paese che tutela i più deboli”. Jade lo ascolta e aspetta il suo turno prima di dire la sua con orgoglio: “Io ho 16 anni. Non l’ho votato, ma spero di poterlo rifare presto. E’ un presidente che ha a cuore la cultura e l’integrazione delle banlieue dove i giovani vivono in grande difficoltà e hanno bisogno di più attenzione. Se io abito in banlieue? No, no. Vivo con i miei genitori poco distante dal Louvre”.