I pubblici ministeri che hanno chiesto l'archiviazione: "Il principio della dignità umana impone l’attribuzione a Fabiano Antoniani, e in conseguenza a tutti gli individui che si trovano nelle medesime condizioni, di un vero e proprio diritto al suicidio". La parola ora passa al gip
“Dolore, tanto dolore”. Le condizioni fisiche di Fabio Antoniani, Dj Fabo, “erano drammatiche. Quasi per un assurdo scherzo del destino la patologia che l’aveva privato della vista e del movimento non l’aveva reso insensibile al dolore. Il corpo, inerte, era percorso da insostenibili spasmi di sofferenza più e più volte al giorno”. Per questo i pm di Milano Tiziana Siciliano e Sara Arduini scrivono in un passaggio della richiesta di archiviazione per Marco Cappato, indagato per aiuto al suicidio in relazione alla morte in una clinica svizzera di Dj Fabo, che “il principio della dignità umana impone l’attribuzione a Fabiano Antoniani, e in conseguenza a tutti gli individui che si trovano nelle medesime condizioni, di un vero e proprio diritto al suicidio“.
Per Dj Fabo, scrivono ancora i pm, e per le persone che si trovano nella sua condizione, c’è un “vero e proprio ‘diritto al suicidio’ attuato in via indiretta mediante la ‘rinunzia alla terapia’ ma anche in via diretta, mediante l’assunzione di una ‘terapia’ finalizzata allo scopo suicidario”. Per i magistrati, inoltre, “pratiche di suicidio assistito non costituiscono una violazione del diritto alla vita, quando siano connesse a situazioni oggettivamente valutabili di malattia terminale o gravida di sofferenze o ritenuta ‘intollerabile e indegna’ del malato stesso. Non pare peregrino affermare che la giurisprudenza anche di rango costituzionale e sovranazionale ha certamente inteso affiancare al principio del diritto alla vita tout court il diritto alla dignità della vita, inteso come sinonimo dell’una a dignità. In presenza di tale principio, dunque – continuano -, e considerate le condizioni dell’Antoniani, non si può negare il diritto ad accedere a pratiche di suicidio assistito, tanto più se effettuate in un Paese membro del Consiglio d’Europa che ne riconosce la legittimità e disciplina rigorosamente i requisiti per accedervi”.
Secondo i pm, “non può in alcun modo essere messo in dubbio” che la “scelta di porre fine alla sua esistenza fosse per Fabiano Antoniani assolutamente volontaria” di fronte a una prognosi “tutta raccolta in un’unica, agghiacciante parola: irreversibile” e a condizioni fisiche definite “drammatiche”. Dopo vari tentativi di recuperare, tra cui anche il trapianto di cellule staminali, per lui la sentenza era “inappellabile”: a causa del grave incidente stradale “sarebbe rimasto cieco e paralizzato seppur in pieno possesso delle sue facoltà mentali”. Inoltre, il suo corpo “inerte”, si legge nella richiesta di archiviazione per Cappato, “era percorso da insostenibili spasimi di sofferenza più e più volte al giorno”. Un “dolore che solo farmaci potenti riuscivano a lenire ma al prezzo di obnubilargli la mente togliendogli così l’unico contatto con la vita che ancora gli rimaneva”.
Per Dj Fabo “rinunciare alle cure – scrivono sempre i pm – avrebbe significato andare incontro ad un percorso certamente destinato a concludersi con la morte, ma solo a seguito di un periodo di degradazione ad una condizione ancora peggiore di quella in cui si trovava nel momento in cui ha preso la sua decisione”. E in questo senso “l’ordinamento italiano, che ha come fine ultimo il perseguimento del ‘pieno sviluppo della persona umana, non può consentire una così grave lesione della dignità di un individuo”. Ritenendo che in questa situazione le pratiche di suicidio assistito “non costituiscono una violazione del diritto alla vita”, i pm hanno anche lanciato una sorta di appello al legislatore italiano, auspicando un suo intervento “urgente”, affinché si faccia “carico in prima persona del problema, disciplinando rigorosamente tale diritto”, quello del suicidio assistito anche nel nostro Paese (per altro componente del Consiglio d’Europa che ne riconosce la legittimità e disciplina rigorosamente i requisiti per accedervi) “in modo da prevenire il rischio di abuso, ad esempio, sotto forma di pratiche eutanasiche, nei confronti di persone il cui consenso non sia sufficientemente certo”. Ora la parola passa al gip di Milano Luigi Gargiulo.
“Le motivazioni dei due Pm Siciliano e Arduini a seguito delle indagini a carico di Marco Cappato a cui si contesta il reato di aiuto al suicidio ai sensi del 580cp, di fatto forniscono una interpretazione del divieto alla luce della Carta Costituzionale, dei principi generali dell’ordinamento, della carta EDU e giurisprudenza Welby e Englaro” afferma in una nota Filomena Gallo, avvocato segretario associazione Luca Coscioni. Esercitare un diritto alla “dignità umana” che va posto sullo stesso piano del diritto alla vita, quando le condizioni non lasciano dubbi: dolori fisici insopportabili, sofferenze ”indegne”, prognosi ineluttabile: “dai due PM milanesi è stato affermato un principio fondamentale”. Per Gallo, “i pm alla luce di ciò propongono sia l’archiviazione del procedimento a carico di Marco Cappato, ma vanno anche oltre poiché nel caso in cui il gip decidesse l’imputazione coatta evidenziano la necessità di sollevare il dubbio di legittimità costituzionale sull’art. 580 cp (Istigazione o aiuto al suicidio, ndr), precetto fermo all’epoca fascista, redatto prima della Carta costituzionale. Attendiamo ora la decisione del gip”.
La richiesta dei pm viene criticata dalla Lega e da Alternativa popolare. “Sono effettivamente curioso di sapere in base a quale legge dello Stato italiano, legge alla cui applicazione sono tenuti i magistrati, i Pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini scrivono che nel nostro Paese esiste il ‘diritto al suicidio’ attuabile in via indiretta mediante la rinunzia alla terapia, ma anche in via diretta, mediante l’assunzione di una terapia finalizzata allo scopo suicidario’. Io non l’ho trovata, nella nostra carta fondamentale ho trovato sancito il diritto alla vita, non quello alla morte. Sarebbe auspicabile che in Italia i magistrati non facessero giurisprudenza in base alle loro convinzioni personali, ma rispettando la Costituzione e quell’articolo 101 che sempre invocano” dice Maurizio Lupi, presidente dei deputati di Alternativa popolare. “In Italia procuratori e pm possono straparlare di tutto, promuovendo il suicidio assistito come per il caso di dj Fabo, la legalizzazione della cannabis, o l’eutanasia. Possono parlare di tutto – dice Alessandro Pagano della Lega-Noi con Salvini – tranne che dello scandalo delle Ong tedesche e dell’invasione dei clandestini. Che strano? Legnini si è svegliato solo con Zuccaro, mentre sta muto con tutti gli altri casi. Per la serie, non disturbate il manovratore”.