La sentenza della corte di Cassazione è, per ora, l’ultima tappa della storia giudiziaria di uno dei più grandi naufragi della storia della marineria italiana: 32 morti e la perdita di una delle ‘perle’ della flotta Costa, la Concordia.

IL NAUFRAGIO – La sera del 12 gennaio 2012 la nave, con a bordo 4.000 persone tra passeggeri ed equipaggio, partita da poche ore da Civitavecchia per una crociera nel Mediterraneo, passa molto vicino all’Isola del Giglio. Un passaggio ravvicinato, un “inchino” dirà qualche esperto. La chiglia urta gli scogli delle Scole e la nave finisce a ridosso dell’isola dell’Arcipelago toscano, imbarcando acqua e inclinandosi paurosamente.

I SOCCORSI – Le unità della guardia costiera si dirigono verso il Giglio dove è in corso l’evacuazione della nave. Qualcuno dei passeggeri dirà che sembrava di essere sul Titanic. Le scialuppe di salvataggio fanno la spola con la terraferma, distante poche centinaia di metri, ma in 32 resteranno intrappolati nella nave inclinata sul fianco destro e la prua rivolta verso il porto del Giglio. I naufraghi vengono soccorsi dai gigliesi: si apre la chiesa del paese per accoglierli.

“TORNI A BORDO, CAZZO… “– A coordinare le operazioni di soccorso è la guardia costiera di Livorno. Il capo della sala operativa, il comandante Gregorio De Falco, intima al comandante della nave, Francesco Schettino, che si trova su uno scoglio vicino alla costa, di risalire a bordo per occuparsi dei passeggeri. Il suo “Torni a bordo, cazzo!”, urlato al telefono diventerà un tormentone e una delle frasi simbolo della tragedia.

LE PRIME INDAGINI – La procura di Grosseto apre subito un’inchiesta ed il comandante Schettino viene fermato e, poco dopo, tornerà in libertà: per lui le principali accuse sono naufragio ed omicidio colposo plurimo. Gli accertamenti sono volti a ricostruire soprattutto cosa è accaduto in plancia di comando prima del naufragio, dove Schettino è salito dopo la cena a bordo, per dirigere la manovra che stava portando la nave vicino al Giglio.

SCHETTINO SI DIFENDE – Il comandante nella sua difesa ha sempre sostenuto di essere riuscito a limitare i danni, ed i morti, compiendo una manovra che portò la nave a ridosso dell’isola grazie ad una sua manovra. Inizialmente si era parlato anche di uno scoglio che non era sulle carte della rotta. Un suo ordine durante la manovra capito male dal timoniere, inoltre, potrebbe essere all’origine della collisione.

I PROCESSI – Nel luglio 2013 si apre il processo a Grosseto, sotto i fari delle tv di mezzo mondo. Cinque imputati, alcuni ufficiali della Concordia ed un dirigente di Costa, patteggiano: la pena più alta due anni e 10 mesi. Anche Costa Crociere spa ha patteggiato una condanna al pagamento di un milione di euro: Schettino è solo alla sbarra nell’aula allestita in un teatro di Grosseto per contenere tutti i partecipanti alle udienze. L’11 febbraio 2015 viene condannato a 16 anni. Il 31 maggio del 2016 la corte d’appello di Firenze conferma la stessa condanna: abbandonò la nave con persone ancora a bordo, si legge nelle motivazioni.

IL FANTASMA DEL RELITTO – La silhouette della Concordia semi-affondata diventa il simbolo anche della sofferenza dell’Isola del Giglio, attanagliata dall’incubo dei danni ambientali e di immagine. A settembre 2013 si tenta un’operazione quasi fantascientifica: al relitto vengono agganciati enormi cassoni che, in parte riempiti d’acqua, ne sposteranno il peso facendo ruotare la nave e rimettendola in galleggiamento. Il suo ultimo viaggio verso la demolizione, a Genova, comincia il 23 luglio 2014.

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