In soli cinque giorni era riuscito ad evadere dai domiciliari cui era sottoposto presso l’abitazione dei genitori a Palizzi Marina, a organizzare la fuga in Albania e a ultimare la procedura per la modifica del suo nome da Leonard Mucllari e Hasan Mucollari
Un solo contatto telefonico, la parola “mamma”, pronunciata non dalla figlia di un’albanese residente in provincia di Reggio Calabria, e il monitoraggio dei social network si sono rivelati fondamentali per la cattura di un latitante. In soli cinque giorni era riuscito ad evadere dai domiciliari cui era sottoposto presso l’abitazione dei genitori a Palizzi Marina, a organizzare la fuga in Albania e a ultimare la procedura per la modifica del suo nome da Leonard Mucllari e Hasan Mucollari.
È durata sei anni la latitanza del giovane albanese, di 28 anni, che era stato arrestato per traffico e detenzione di stupefacenti, rapina a mano armata e ricettazione. Reati per i quali il Tribunale di Locri lo ha condannato a 7 anni e 3 mesi di carcere. I carabinieri, gli agenti del servizio di cooperazione internazionale di polizia e della polizia albanese lo hanno trovato a Pogradec, una cittadina di circa 30mila abitanti nel sud-ovest del Paese, che affaccia sul lago di Ocrida ai confini con la Macedonia, dove svolgeva saltuariamente l’attività di autotrasportatore.
Considerato un soggetto dalla elevata caratura criminale, Mucllari era scappato il 26 ottobre 2011, il giorno del suo compleanno. Nell’agosto del 2012, con i documenti nuovi, era riuscito addirittura a sposarsi con una connazionale in Albania e aveva trasferito la sua residenza a Pogradec dove nel 2014 è nata anche sua figlia. Studiando i movimenti dei parenti ancora in Italia, i carabinieri guidati dal colonnello Giancarlo Scafuri sono riusciti a individuare il posto dove il latitante ormai si riteneva al sicuro. Dopo cinque anni, nel corso dei quali Leonard, aveva interrotto ogni rapporto con i genitori e la sorella minore, ancora residenti a Palizzi Marina, nel settembre 2016, un singolo contatto telefonico tra il padre e il ricercato ha accelerato le indagini.
Partite le intercettazioni telefoniche e ambientali, il monitoraggio dei contatti e degli spostamenti dei parenti ha consentito agli investigatori di ricostruire la nuova composizione del nucleo familiare. In particolare, i carabinieri hanno registrato una donna che si è rivolta alla madre di Leonard chiamandola “mamma”. Un’antica tradizione locale, infatti, vuole che la nuora si rivolga in questo modo alla suocera. Ulteriori accertamenti sui social network, infine, hanno fatto il resto fornendo agli inquirenti un supporto fondamentale per identificare compiutamente amici e familiari del latitante in Albania dove nel dicembre 2016, i genitori di Leonard si sono recati per conoscere la nipotina. Tanto è bastato per incastrare il ricercato che, stamattina, è stato accompagnato nel carcere di Pogradec.