L'imprenditore partenopeo Alfredo Romeo, il suo consulente Italo Bocchino e il suo avvocato Stefano Vinti sono i protagonisti dell'indagine aperta dai pm capitolini e svelta dall'Espresso in edicola domani. L'ipotesi degli inquirenti è che esista una sorta di compravendita di sentenze nella giustizia amministrativa
Un’indagine top secret che punta al cuore della giustizia amministrativa: il Consiglio di Stato. È il nuovo filone dell’inchiesta Consip, cominciata a Napoli e trasferita per competenza alla procura di Roma, che ancora una volta vede al centro della scena Alfredo Romeo. L’imprenditore partenopeo, il suo consulente Italo Bocchino e il suo avvocato Stefano Vinti sono i protagonisti dell’indagine aperta dai pm capitolini e svelta dall’Espresso in edicola domani. L’ipotesi di reato è corruzione in atti giudiziari e la teoria degli inquirenti è che esista una sorta di compravendita di sentenze nella giustizia amministrativa.
“Abbiamo preso un altro bidone“, dice Bocchino a Romeo parlando di una sentenza negativa arrivata dal Consiglio di Stato. L’ex deputato di Futuro e Libertà si riferisce a Vinti, l’avvocato amministrativista ingaggiato da Romeo per i contenziosi contro i suoi concorrenti. “C’ha un pacchetto di dieci cose là, capito?- spiega Bocchino – Perché quando va a fare qualche operazione…non è che va a fare l’operazione…questi sono di Romeo per la cosa di Romeo…Va là, dice “questi sono per te, no? Poi negozia dieci cose. Su questo si è distratto. Perché secondo me era certo che tu… che vinceva perché aveva ragione. La distrazione ha portato allo scarso studio della cosa… Ma ora li possiamo recuperare?”.
I carabinieri del Noe appuntano: “Un negoziatore di cause“. “Eventuali commenti che facemmo davanti a un caffè erano dettati dallo stupore, ed erano consolatori”, replica Bocchino all”Espresso. Il settimanale racconta inoltre che tra i professionisti finiti nel mirino dei magistrati romani è Piero Amara, un avvocato di Siracusa accusato di frode fiscale e false fatturazioni. Durante le perquisizioni della società Dagi srl, gli investigatori hanno trovat anche documenti finanziari e investimenti di Riccardo Virgilio, ex presidente aggiunto del Consiglio di Stato, da poco sostituito da Alessandro Pajno, vicinissimo al capo dello Stato Sergio Mattarella.
Virgilio è titolare di un conto in Svizzera aperto agli inizi degli anni ‘90 al Credito Svizzero, ed ha investito oltre 750 mila euro nella Investment Eleven Ltd di Malta. Ha poi firmato un contratto di finanziamento per un diritto di opzione sullei quote della Teletouch. Una società di cui è socio lo stesso Amara, due cittadini svizzeri e l’imprenditore Andrea Bacci. Si tratta di un amico di Matteo Renzi, in passato socio d’affari del padre Tiziano, che alcune settimane fa è stato vittima di alcune intimidazioni. “L’operazione è stata tutta tracciata. Il bonifico il presidente Virgilio l’ha fatto con nome e cognome. Ha messo anche la causale del bonifico: finanziamento socio” , dice l’avvocato Amara. “Il suo conto corrente in Svizzera – continua – è stato aperto nel 1993, ed è collegato a suoi risparmi e a un’eredità, quella di una sua zia ricca”.
Tra i clienti di Amara c’è anche l’imprenditore Ezio Bigotti, citato a sua volta – senza essere indagato – nell’inchiesta Consip. Fondatore del Gruppo Sti, console onorario del Kazakistan, è considerato da Romeo il suo nemico giurato nella corsa alle grandi commesse pubbliche. Vicinissimo ai deputati Denis Verdini e Saverio Romano, Bigotti ha ancora aperto un contenzioso milionario con la Regione Siciliana: nel 2007, infatti, ha vinto la gara per la creazione di una società mista pubblico privata. La Spi – Sicilia patrimonio immobiliare -avrebbe dovuto censire i beni immobili della Regione in cambio di 80 milioni di euro. Soldi finiti alla F.B. acronimo di Finanziaria Bigotti che per il 45 % appartiene alla Lady Mary II: società anonima con sede in Lussemburgo.
Sempre sul fronte dell’inchiesta Consip, ma nel fascicolo originario, il quotidiano Repubblica riporta le accuse lanciate da Tiziano Renzi nei confronti di Marco Lillo . Il padre dell’ex premier ha detto ai pm che lo indagano di avere saputo dell’inchiesta sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione dal giornalista del Fatto Quotidiano: accuse che – come riporta il giornale di Mario Calabresi – sono false ma che per i pm dovevano essere comunque annotate nell’informativa stilata dal capitano Gianpaolo Scafarto, indagato a Roma per falso a causa di alcune incongruenze contenute dal documento investigativo.